Quando si impongono dolcemente i momenti per fare ordine, spuntano anche quelli da non smarrire. Un'amica in visita, la discesa al mio lago, fin sulle isole. La telefonata a un altro amico, distante, che adesso in apparenza si è allontanato di più.
Ma lo sentiamo accanto a noi, ancora stordite da quest'anno feroce e impalpabile.
Distante, chi è. Chi non sa guardarti in faccia, chi fugge, chi se ne accorge e chi no.
Quanti, però, sono presenti, nei silenzi e nei rumori. Mi appare un messaggio di un grande uomo, con la sua consueta umiltà. Un amico che non potrò vedere nei prossimi giorni, mi manda un vocale meraviglioso.
Ce la faremo, sì, saremo più forti di tutto. Perché abbiamo sbandamenti, fragilità, scosse, ma abbiamo anche un unico volto.
Io riguardo il mio, di ormai parecchie estati fa. Un anno in cui cercavo di sfuggire a un lockdown tanto desiderato, in cui Violetta - la mia protagonista di Chi ha bisogno di Willy - si avvicinava e mi guardava.
Ma io avevo questo volto qui. Quello che ho sempre avuto, meno bionda e con quel «buco nella gota» che fa sposare senza dota, mi ripeteva zia Giulia.
E le mie amate lentiggini, che sembrano posata una per una da chissà chi: nessuna per caso, magari scompaiono quando l'inverno si fa invadente, ma poi tornano tutte dove devono. Come me.
L'unico volto, in un mondo distante, e io che torno da me.