Riprendendo i lunghi cammini, gusto l'osservazione delle case, di come sono state concepite e donate poi agli sguardi. Vi sono angoli che in realtà si sottraggono a questi ultimi, uno di loro mi si è dischiuso in questi giorni. Una porta laterale, semiaddormentata, tra l'ombra di una pianta e il muro di cinta.
Mi è tornato in mente l'ingresso nascosto della casa del nonno. Ce n'erano tante, di porte. Quella che si affacciava sul cortile e dava il benvenuto più gioioso. Poi il grande portone con le vetrate, che conduceva alla cantina e profumava di mangime per le galline. Ancora, c'era la porta del piccolo tinello dove sedeva sempre la nonna a riposare con il suo gatto.
Ma sul lato più nascosto, a poca distanza dal muro c'era questo ingresso che mi richiamava misteriosamente e quindi ottenendo dedizione assoluta. Portava in un altro locale ancora, seminterrato. A me incantava però quel suo rimanere in disparte e aprirsi solo di tanto in tanto, come se fosse stata mormorata una parola magica.
La pace dell'ingresso nascosto, dove puoi ripararti davvero, è rimasta là come un segreto. O forse mi ha seguita.
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