Un incidente banale. Una frattura banale. La mia cagnolina mi ha obbligato a non fermarmi mai: sul malleolo impazzito ho camminato fin dalla prima sera.
Però il resto prendeva una brutta piega. Costretta a dipendere, a dire dei no. Piccole sciocchezze che mi creavano una montagna di irritazione.
Mi trovavo di fronte a un limite, ancora. Uno dei tanti, il meno grave di quest’anno ma ritagliato per me.
Per questo, aprendo il pedometro che neanche mi ricordavo di avere, mi sono quasi commossa. Volevo andare a Siena fortissimamente, a fare un lavoro speciale. I fisioterapisti, un team pazzesco, si sono buttati nella missione.
Arrivata in Toscana, salire e scendere diventavano un’impresa facile, anche per un altro motivo: tutti quelli che mi hanno aiutata, con un gesto, un sorriso, una parola.
Qualche volta mi sono fermata: non ho più bisogno di andare oltre il limite, lo so guardare anche in faccia.
Ma so cosa occorre per almeno sfiorarlo: non farlo da soli. Perché il limite più insidioso è dire: ce la faccio da me.
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