Lo chiamerò Nostromo come facevo quando ancora non conoscevo il suo nome, per quel suo particolare che conduce ai mari. Del resto, lui viene da molto lontano.
Tra le poche cose che so di lui, a parte la mancanza della famiglia che non c'è bisogno di gridare, bastano gli occhi, c'è l'orario del treno che prende la sera, per tornare a Milano. Sì, pendolare controcorrente, salutato da tutti, persino dai clacson degli autobus.
Avevo appena ripreso a camminare, quando l'ho visto.
"Ciao sister - mi ha detto come fa sempre e poi il suo sguardo preoccupato ha anticipato la domanda - tutto bene? È un po' che non ti vedo".
"Adesso sì - ho risposto - perché prima non potevo camminare molto, mi ero fatta male. E tu?".
Lui sorride, come fa sempre, quando è felice e quando deve esserlo forse. Poi dice: "Ah, ecco perché non ti vedevo, sister. Ora stai bene". Lo sguardo perde quel velo preoccupato e si sposta sull'orologio.
Deve correre a prendere il treno.
E penso che il suo sguardo si accorge delle presenze e delle assenze, si prende cura a modo suo di quei volti interminabili che incontra. Viene da molto lontano, Nostromo, e di lui so poche cose, tra cui l'ora del suo treno. Ma è più vicino di tanti che sono stati così appiccicati nella vita o che lo sono tramite vaghi messaggi whatsapp.
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