domenica 11 luglio 2021

Il momento in cui lo sai: il calcio può restituirti qualcosa

 Non succede, ma se succede dovrò fare la diretta dei festeggiamenti: il che vuol dire risalire dalla periferia al centro con estrema difficoltà. Purtroppo, però, il problema non si pone nel primo tempo. Seguo preoccupata la partita degli azzurri contro l'Inghilterra, ma nella ripresa la rivedo, quella squadra che mi aveva sbalordito e dato sollievo nei pensieri. Il gol di Bonucci e più tardi all'80': vado. 


Vai dove, mi chiedono in casa? In piazza, così sono già là per i festeggiamenti. Da quel momento alla vittoria ci passano i supplementari e i rigori, ma io in auto, al buio con la partita sul pc, aggrappata alla mia certezza della mia diretta aspetto fiduciosa, come se quel libro lo avessi già letto. Sono solo indecisa se l'assassino si scopre al penultimo o ultimo capitolo.

All'ultimo, conferma la regia. E scivolo giù dalla macchina a condividere questi attimi folli e bellissimi. Riesco a infilare in fondo l'emozione e la ripesco da questo cassetto, che si chiude sempre male per cui non riesco a trattenerla.

Un groppo alla gola, perché penso a quelle volte in cui il calcio (non) assomiglia alla vita o le fa da sponda. Chi è più europeo tra noi e gli inglesi? Eh be', queste domande retoriche. E poi non per fare la gara della sofferenza, ma chi è caduto per prima nella pandemia e per un po' si è sentito maledettamente solo? 

Non c'entra con il calcio, che di solito gioca la sua partita. Eppure all'80' sono uscita perché ero convinta non proprio che avremmo vinto e basta. No, che il calcio ci avrebbe restituito qualcosa.

Così ripenso alla frase di un amico scozzese che ieri ha scritto sotto un mio post: coraggio Italia, c’è tempo per fare due gol. Dopo pochi istanti ha segnato Bonucci. Non potevo non avere fiducia nella rete della vittoria, sotto qualsiasi forma o tempo.

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