Cerco pillole di solitudine sotto il cielo, che soffochino il frastuono attorno a me, se possibile anche quello dentro.
Forse sono quegli aerei che sfrecciano sopra la nostra partita, aerei a cui mi ero disabituata: per un istante, mi sembra di essere tornata bambina, quando mi aggrappavo alle reti di Malpensa per vederli meglio se non potevo salire: «Ancora!»
Quando mi rifugio a scrivere nel parcheggio per trovare la mia pace, mi rendo conto che non è possibile. Ci sono nuvole capricciose, che si insinuano in quelle austere della sera, e un aereo arriva a sbirciarci dentro. Poi un altro, un altro ancora. Un tramonto che si scioglie di stupore, di fronte al fatto che gli uomini siano ancora determinati a volare.
Io, io mi sciolgo di tenerezza e scatto foto, tra rari e sconcertati passanti, solo perché non ho una rete a cui aggrapparmi gridando: ancora!
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