Uno degli aspetti che mi stordiscono ancora adesso a proposito degli anni Ottanta, è quell'aria di democrazia musicale che mi avvolgeva.
Ormai avevo imboccato la strada del rock, dell'assordante lezione di vita che si scioglieva giusto a qualche sintomatica ballata, del dire no e basta come prima cosa. Eppure lasciavo filtrare dentro la mia vita note e testi ben diversi da quanto avrei dovuto tollerare.
Sarà per questo che oggi mi percuote i timpani della memoria questa canzone di Riccardo Fogli. Che ne sai, l'avrò urlato al mondo anche trecento volte: una frase perfetta da rivolgere da adolescente. E pure più tardi.
Ma oggi la maturità (termine che mi fa un po' ridere, però non ho la pazienza di cercarne altri) me lo mostra da un'altra ottica.
Che ne sai, è una rivendicazione (psico)sociale verso chi cerca di pontificare sulla tua vita. Sul mio cuore che batte come cavolo vuole, su un ricordo, su un'ombra come su un raggio di sole.
C'è persino una frase che incorono, vittima della democrazia rock.
Della mia pace dentro, tu che ne sai.
Diciamolo: anche della mia voglia di cambiare, che ne sai.
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