Vengo da una giornata fortunata, termine che non posso che declinare in benedetta. Sono stata nel Giardino condiviso di San Vittore. Dove non c'era niente, se non terra che pareva condannata nel non generare più niente e invece da ieri ha ripreso a fiorire accanto al centro clinico del carcere di Milano.
Non improvvisamente: quest'ultima parola è sconosciuta alla natura, e persino agli uomini che si ritengono un universo a sé.
Su La Provincia di Como, grazie a Luca Nespoli, domenica racconto cosa sia questo progetto. Questa sera, vi porto profumi e colori delle mie emozioni. Penso a uomini e donne che hanno creduto che Milano fosse ovunque, anche qui. Soprattutto qui, mi viene da dire oggi.
Riascolto le storie di uomini che hanno zappato. Che hanno il cuore altrove, nella famiglia lontana, nella terra che li ha accolti e li ha fatti crescere, eppure hanno lavorato questa terra, seminato, curato, e ancora lo faranno in nome di una responsabilità antica. Che sperano di andarsene presto e quindi questo lavoro l'hanno compiuto anche per altri.
Perché questa è la natura e il suo miracolo. Anzi, il nostro miracolo se accettiamo di essere parte di lei.
E' generoso questa sosta nel giardino della speranza, che non cessa di alimentare un grande desiderio di libertà di chi è temporaneamente vincolato da episodi sfortunati: la redenzione è vicina. Anime ricche di carità e bontà servono per ricominciare e nutrirsi di speranza! La natura, con la saggezza che ricava dalle proprie radici, vi riaccompagni lungo il percorso più sinceramente affettuoso.
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