Sarebbe un dialogo reale, ma è stato troppo interiore. E soprattutto mi ispira una voglia incredibile di sfogliare allo sfinimento il mio testo sacro di Boezio.
Arrivo in un luogo dove il posteggio è oro. Ammetto di aver persino mormorato una preghiera, perché ho una dannata fretta e incombe pure la tempesta.
Ma imboccata la strada, vedo un'auto che occupa gloriosamente un posteggio. E' il mio collega fotografo e mormoro: che fortuna sfacciata ha avuto.
Non faccio in tempo a concludere questa frase, che mi trovo davanti uno spazio in cui potrei parcheggiare la mia macchina moltiplicata per due. Dall'emozione, la manovra non mi viene così spontanea. Quando l'ho conclusa, ecco che nel frattempo arriva il mio collega. Dopo uno sguardo confessa: "Sai che ho pensato. Guarda quella che fortuna. Io mi sono appena accaparrato un posto così piccolo".
E io gli confido a mia volta: "Anch'io avevo sospirato sulla tua fortuna".
Al che mi viene da pensare che nessuno conosce la propria fortuna. Specialemente se sospira su quella degli altri.
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