Ho lampi di ricordi, soffocati dal tempo, di quando la valle era per me riso, gioco, tuffare il naso nell'erba umida e poi allontanarmi da cittadina incivile.
Oggi quei lampi mi rincorrono, come per scrutarmi. Un ragazzo, con il mio sangue, che oggi è un uomo e piange la perdita più terribile. Molto tempo prima, un'amica di mia cugina, che sorrideva sempre, finché un male l'ha portata via proprio in quegli anni per noi dorati: fisso la sua foto al cimitero, e lei indossa il grembiule di scuola.
Quando ci dissero che se n'era andata, io mi ricordo esattamente dove io fossi: a letto con una febbriciattola che aveva fretta di posarsi altrove.
Fu come se per la prima volta mi avessero detto: guarda, non si gioca più.
E stasera, tramortita da quanto è accaduto, sento quella voce ripetere con freddezza grigia la stessa frase.
Non si gioca più, la speranza immobile tra quei fili d'erba che nascondono e smorzano le nostre risate.
Notte e non si gioca più.
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