giovedì 29 giugno 2017

Non ci si inchina ai leoni (buoni primi novant'anni)

Così siamo arrivati ai novant'anni. Se corro indietro, salto anche qualche vita indietro, mi sa, Gian Pietro Rossi.

Io scrivo da qualche mese alla Prealpina, non procuro ancora dolori alla classe politica: la sto studiando, diciamo. Poi arrivano le elezioni, il mio capo Gianni Fusetti mi manda un salto a prendere i dati ed è il primo contatto con il municipio della mia città. Sì, niente internet o diavolerie simili.

Mi trovo un sindaco nuovo, e non so che in realtà lo ritrovo. Fino  a quel momento, ero poco bustocca, molto milanese, troppo sparsa per le città del mondo.

Il primo brivido di quelli veri - tra timore e godimento - è quando torno in redazione un giorno e sento il signor Gianni che accoglie una  furibonda telefonata di questo sindaco, già tre volte senatore e per la settima volta nella stanza dei bottoni di Palazzo Gilardoni. Avevo spulciato tra le delibere e trovato una decisione che non sarebbe proprio piaciuta a un alleato politico: zac, pubblicato e adesso tempesta sia. Il leone Rossi chiama, fruga in redazione alla ricerca della preda piccola Malu e pare volerla azzannare.

Il signor Gianni non è uno che sbraita, neanche quando gli urlano addosso. Ma i suoi ragazzi non si toccano. Con voce ferma mi difende. Io rabbrividisco e sento che questo mestiere mi piace moltissimo.

Mi piace indisporlo un po', questo leone, quando è potente, lo ammetto. Quando esplodono gli anni dell'ingiustizia, io sono disorientata anche dal suo coraggio. Per la prima e unica volta nella mia vita, mi ribello nel mio piccolo; con un mio amico, anarchico pacifico come me, compio un gesto che non ho mai fatto per nessuno e solo loro due conoscono.

E quando giustizia tardi viene fatta,  non finisce a tarallucci e vino, tra di noi. Adesso che tutto è chiarito, qualche scintilla deve ancora divampare.  Perché le voglio bene. Si è arrabbiato (e pure io), ma non mi ha mancato mai di rispetto: qualcosa che non posso affermare di altri.

Adesso che compie novant'anni, la guardo e mi appare ancora come un leone, un leone ferito perché sente la mancanza di  ciò che è più importante, la sua compagna di una vita. La sua metà, silenziosa nella sua saggezza.

Ma lei è ancora leone, Rossi. Quando la incontro, ha tanti ricordi e anche tante idee nuove. Non si ferma mai, pensa a cosa fare per Busto, scuote la terra e i palazzi. E io sono sempre una ragazzina anarchica: non mi inchino davanti ai leoni. Preferisco ringraziarli, con un abbraccio, di aver camminato insieme, di esserci pizzicati e di averci riso insieme, in tutte queste vite.

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