lunedì 26 novembre 2018

Le carte della vita e i prof

Devo molto a nonno Giannino e nonno Mario, anche per avermi introdotto nel saggio mondo delle carte. A mio padre Nino pure, ma a lui mi sa che devo imputare una colpa dolcissima: perdeva troppo con me, in modo sospetto. Qualcosa però mi ha detto anche Jim Morrison.

Oggi gioco poco con gli umani, un po' di più con  lo smartphone. Ma grazie al vaccino dei nonni continuo ad imparare.

Perché questo gioco è come la vita. Primo, parti dalle carte che hai. E lungo la via la sorte decide se rendertele migliori o peggiori. Tu non sei in balìa, però. Puoi essere acuto o distratto, furbo o ingenuo, onesto o furfante.

Puoi rammaricarti con un compagno di gioco o te stesso, per una mossa improvvida. Perché hai buttato il fante di cuori e la ritenevi l'unica carta del mazzo che ti restava da giocare, come borbottava irresistibilmente Jim Morrison.

Persino il telefono  mi ha insegnato qualcosa. Ho scaricato la scopa (oltre alla briscola) e a volte sospiro perché ci sono un sacco di carte da spazzar via con un bell'asso. Che bottino sarebbe. Ma questa non è scopa d'assi.

Ciò a modo suo mi ricorda: non dettiamo noi le condizioni.

Ma anche quando hai perso una partita, puoi ricominciare. Più attento o incavolato, per la gioia di giocare (vivere) non di vincere.



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