Quando torno la notte nella città in cui sono nata, anche professionalmente, ho troppo tempo per pensare.
Svincoli, viali e poi strade più discrete mi osservano ricordandomi tutte le notizie che per me non erano solo notizie. Erano persone e sono grata (fiera denoterebbe un eccesso di merito) di averle sempre considerate tali, cercando di porre un velo dove potevo o di pensare anche solo che potevo scrivere di me.
In un viale un pensiero mi rincorre più veloce degli altri. Un palazzo che mi è rimasto conficcato nella memoria, per un fatto di almeno 15 anni fa. Non dovevo scrivere nulla, mio padre entrò in sala operatoria per subire un intervento all’occhio e noi aspettavamo, tese. Con noi c’era una coppia in attesa, anche il marito doveva sottoporsi all’intervento. Era un signore gentile che sapeva cos’era non poter correre, fin da piccolo, come papà. Si parlò e ci dissero dove abitavano.
Scappò via una battuta infelice sulle cose peggiori che possono capitare nella vita, rispetto a un intervento all’occhio e lei pianse. Entrambi ci raccontarono del lutto che avevano subìto.
Non le ho più riviste.
Ma da più di 15 anni, quando passo da quella strada nel cuore della notte mi vengono in mente quelle due persone gentili e composte, che un giorno ci rivelarono quel dolore atroce. Nel buio, quel dolore mi sembra quasi protetto.
Non è un articolo, non sono notizie, sono persone. E io credo di conoscere solo persone, che ne debba scrivere o no.
Nessun commento:
Posta un commento