Una lettera di un amico dalla Norvegia, è il rito che si rinnova da ormai da più di trent'anni. E mi vede in colpevole difetto, ma lui da signore qual è neanche me lo rinfaccia.
Se ci penso, a quante lettere scrivevo da donzella. Alcune erano talmente intense che erano seguite da telefonate degli amici. No, non perché fossero capolavori letterari: "Mari, grazie per avermi scritto, adesso mi traduci la tua calligrafia?".
Non me la prendevo, anzi era un'occasione per riderci su e aggiungere altri particolari tra di noi.
Non ho scritto abbastanza lettere, tuttavia, già quando potevo. Poi le dannate mail mi hanno viziata e sono fuggita. Neanche tanto prendere la penna, era il guaio. Piuttosto sai che fatica imbustare, andare a prendere i francobolli e imbucare: roba che se ci penso, mi infurio con me stessa per la mia pigrizia.
Perché il mio pen friend mi scrive da più di trent'anni la lettera di Natale. Prima, la nostra corrispondenza era più fitta, quindi è arrivata l'era della rete senza legami in cui sono scivolata pure io. Lui è fedele a questo appuntamento e mi trasporta in Norvegia, ma anche più lontano, nella loro vita, sento il loro tempo, guardo prima di uscire se ha nevicato molto, cerco un raggio di sole.
Christmas forever, grazie a te amico. E potere alle lettere, un po' dovremmo restituirlo a questo mezzo antico ed eterno come il Natale.
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