Più di due anni per agguantare mezzo secolo. Quello di un giornale che ha accompagnato i tifosi allo stadio Speroni e del Pro Patria Club.
Il Tigrottino...
L'ho sempre tenuto tra le mani, da tifosa. Poi la Pro Patria è diventata un lavoro, anche: dove mantenere la freddezza, il distacco, era la vera sfida, roba che nessuna remuntada sembrava possibile, eri già battuto in partenza nel frenare la tensione. Alla mia professione in tutti questi (trenta) anni ho affiancato anche la gioia di scrivere su questi fogli preziosi.
Mi ricordo quando ho scritto la prima volta qui, l'emozione,grazie a Luca Cirigliano, mio fratello anche di calcio, e alla squadra che si è creata. Quando con lui, Flavio Vergani e tutti i ragazzi abbiamo anche fatto nascere un libro dal nulla in pochi giorni, per la promozione!
Due anni e mezzo fa, mi hanno chiesto di prendere per mano questo giornale. Ho accettato di fare il direttore, pur conscia delle incombenze professionali che esigevano sempre più tempo ed energie. Ero nel mezzo di una rivoluzione di vita, che mi ha chiesto tanto e tanto mi ha dato.
Il Tigrottino era un hobby, una passione e le passioni si trattano bene. Io non sono del club, sono un'anarchica per tutto e in tutto, ma la parola riconoscenza hanno cercato di insegnarmela a casa.
Per questo motivo ho detto:
Tigrottino, ti conduco ai tuoi primi cinquant'anni costi quel che costi.
Anche se capiti nel fine settimana fitto di impegni professionali, anche se sono via per un lavoro in un albergo e devo dedicarti le ore della notte prima di ripartire. Anche se la famiglia brontola: ci siamo anche noi.
Ma non importa.Ti ho preso per mano e anche tu hai preso me con garbo insegnandomi molto: mi hai mostrato più di tante palestre la natura umana, lo spirito di squadra, le difficoltà, le gioie e le delusioni. Come uno specchio che restituiva, moltiplicandolo, le emozioni della mia Pro.
Abbiamo camminato insieme, e accanto a noi c'erano tante persone. Alcune, non ci sono più, come Giovanni Garavaglia, l'ultimo suo messaggio letto e riletto su un treno durante una trasferta di lavoro: non lo dimenticherò mai.
Sono grata al presidente Roberto Centenaro, che ha dato sempre massimo supporto. Al suo successore Giovanni Pellegatta. A chi nel club è stato sempre dalla nostra parte e devo fare una citazione speciale per Gianni Rigon e per Giannino Gallazzi.
E alla squadra. A tutta la squadra. Non cito nessuno, perché non voglio tralasciare un solo nome: io parto da quel 2013, quando un gruppo di giovani si cimentò in questa nuova avventura: prendere un giornale storico e metterci tutto il nostro entusiasmo. E ciascuno di loro per me è stato importante a modo suo.
Adesso, io devo proprio andare per la mia strada, perché ho nuovi impegni che si stanno affacciando e non posso più tralasciare i miei progetti. In questa riorganizzazione, ho scelto di dire addio anche alla direzione del Tigrottino. E ho lavorato il più possibile perché potesse essere affidato a un giovane. Ed eccone uno che un giorno spero faccia il mio mestiere, Alessandro Bianchi, come Sveva Vergani.
Devo prendere la mia strada con determinazione e lo faccio, felice di essere riuscita a giungere a questo traguardo con il Tigrottino, navigando su mari anche mossi ma sempre con dedizione e fiducia. Settimana scorsa, al museo della Pro Patria, ho visto un nostro numero con una copertina magica davanti alla Coppa e ho avvertito i brividi. Come quelli "di storia" nella copertina che in questi anni mi è stata più cara, quella della partita sotto la neve con la Carrarese. Ed ecco la copertina di settimana scorsa... L'ultima, be', riguarderà il derby con il Novara: ci vogliono i fuochi di artificio per un passo importante. Sono sicura che il grande Daniele De Grandis - amico prezioso del giornale - è d’accordo.
Al cinquantesimo anno sei arrivato, Tigrottino, e puoi continuare la tua strada. Sei forte, corri!
Io proseguo la mia anche allo stadio Speroni, con Varesenoi, i miei colleghi con cui 14 anni fa ho deciso di lasciare una via sicura per dipingere un sogno.
Che sia giornalismo o Pro Patria e persino altro, a me sognare piace ancora moltissimo.
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