lunedì 16 marzo 2020

Gli angeli, come una corrente

Fuori dalla farmacia, incerti e a distanza aspettiamo la stessa notizia: che siano arrivate le mascherine.  Volti segnati da un’attesa più lunga, in fila, si passano la parola: non sono ancora arrivate. Ostinati, si entra comunque: una farmacista nel locale contiguo sta rispondendo a un rivolo di dubbi al  telefono.

Le mascherine vengono consegnate, seguendo le istruzioni di Murphy, quindi appena ti sei allontanato, e subito spariscono.

Pazienza, ti terrai quel che resta della tua, o un foulard: l’altra devi serbarla per la persona più cara al mondo, in caso di uscita d’emergenza.

 Ma poi senti un’amica che da due anni combatte  un male subdolo, pur non di nome coronavirus, e deve cavarsela da sola. Lei esce il meno possibile, senza una protezione, perché non l’ha mai trovata.

Allora ti viene in mente un battito di ali, anzi proprio lo senti, e ti rivolgi a qualcuno che può trovare una soluzione. Immediatamente lui risponde vai a coglierla al volo, finché ti senti dire: ma che cos’hai in volto, quella non va bene. Ed esce con una mascherina anche per te.

C’e un sole che commuove, fuori, mentre vai dalla tua amica e poi torni a casa. Finché senti un saggio (non si dice anziano), uno di quelli che sanno illuminare la vita e quando esce di casa, non ha una minima protezione: «Non si trovano, le mascherine».

E allora ci vuole ancora un angelo, bisogna individuare un’altra soluzione, anzi altre ancora per i volti feriti che incontrerai.

Gli angeli, come una corrente, attraversano la città.


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