lunedì 16 marzo 2020

L’abito scivolato a terra

La sera appoggio gli abiti sull’appendino speciale di papà, ma a volte sono impacciata e la mattina me ne ritrovo uno o più a terra.

Li osservo, prima di raccoglierli, e la notte in mezzo mi appare quella difficilmente calcolabile di adesso. Questi pezzi di tessuti che erano posati sulla pelle della mia vita precedente, mi narrano di cose per cui mi sono prodigata, accalorata, svuotata. Ripenso a ciò che ha costruito rapporti importanti, oppure effimeri, o ancora lì ha frantumati.

Adesso, in gran parte quegli abiti è come se li avesse indossati un’estranea. Devo confessarmi che ci sono cose che non mi mancano per niente, anzi sentivo già prima quanto c’entrassero poco con me.

Ma non riuscivo a togliermi quegli abiti, per fissazione modaiola o perché erano diventati costumi di scena, con l’aggravante che forse stringevo il copione di un altro.

Ora contemplo l’abito scivolato a terra, che non metterò più. Lo riporrò in un angolo dell’armadio, come una foto ufficiale tra quelle vere e scomposte, nell’album dei ricordi. Per ora, voglio gustare la brezza sulla pelle, anche quando procura brividi.



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