Le due facce del cielo, una moneta che non si può tirare.
Appunti di Viaggio di Marilena Lualdi Tra natura, dubbi e musica (Nature, music and doubts) (Questo sito si serve dei cookie per fornire servizi. Utilizzando questo sito acconsenti all'uso dei cookie)
domenica 30 agosto 2020
Le due facce del cielo
venerdì 28 agosto 2020
Fortune sottotraccia
Non puoi gridarla, a volte ti sfugge anche allo sguardo. La briciola di un sogno, la carezza che resta da una notte di tempesta, il bagliore nel cielo che diventa il tratto di un pastello. La fortuna che in mille altre si scioglie.
Fortune sottotraccia, abbracciate a terra arida eppure viva. Devi aguzzare gli occhi per scorgerle, eppure sono dissimulate in ogni respiro.
mercoledì 26 agosto 2020
Willy, libero con la musica
Willy ha attraversato l'estate. L'ha vissuta intensamente, forse per non farla andare via. Se riguardo i primi passi del mio romanzo "Chi ha bisogno di Willy", quelli allo scoperto sotto gli occhi di tutti, sento questo. Due mesi fa, la sua prima uscita "in casa", a Busto Arsizio, quando timidamente si provava a lasciare le nostre tane, per stare insieme. Adesso, da una parte abbiamo preso confidenza con queste serate di vita, dall'altra ci gettano addosso numeri tormentosi sul virus e quindi il nostro passo non è poi così saldo. Willy il 25 agosto comunque è uscito ancora allo scoperto, e ancora "in casa".
Due mesi fa, era a casa mia, la città dove sono nata e cresciuta. Martedì a Novara, la provincia in cui si svolge il romanzo e dove Willy esercita il suo ruolo, sincero e impenetrabile. Dove io ho imparato ad avere meno paura dei tanti volti della natura, che mai ingannano.
A distanza di qualche ora, rivivo questa serata organizzata all'interno dell'Estate novarese al Castello Visconteo dall'Atl. Tanti dettagli, protagonisti e spettatori (un confine impalpabile), ispirano riflessioni che in parte devono restare chiuse nei cassetti, con gratitudine.
Altre, con la stessa riconoscenza affiorano. A Gino Attilio Timo, che da Nebbiuno, cuore della terra di Willy, ha guidato la presentazione con la sua rigorosa creatività. Sul palco ha chiamato anche l'assessore alla Cultura novarese, Emilio Iodice, che ci ha fatto sentire i profumi dell'Alto Vergante e il potere che evocano partendo dai ricordi. Il vicesindaco di Busto, Manuela Maffioli aveva osato spingere la sua città a uscire nel nome della cultura a giugno e ora ci è voluta stare a fianco in questa che non riesco a definire trasferta, perché eravamo tutti a casa.
La storia di Violetta, Beniamino e Willy ha preso coraggio anche sulle note. La presidente dell'Atl Maria Rosa Fagnoni ha tenuto a questa cornice musicale, che è diventata parte del quadro. I Mandolinisti Bustesi hanno preso per mano Violetta, l'hanno incoraggiata al tramonto, le hanno impresso il coraggio di sognare sotto la luna anche quando il bosco intrappolava la speranza.
Questo mio pensiero va in modo speciale a loro, e a tutti coloro che dedicano tempo ed energie alla musica. Il lockdown li ha bloccati, più di altre categorie ancora, e poterli vedere finalmente sul palcoscenico è una gioia immensa.
Willy libero con la musica, e come la musica. E noi un po' con lui, perché stiamo attraversando l'estate e non ci faremo rinchiudere dalle stagioni che verranno.
lunedì 24 agosto 2020
Un brivido consapevole
Pochi passi nell’alba e mi afferra le spalle nude un brivido diverso. Un brivido, consapevole.
Fino a poche ore prima mi proiettavo sulla pelle il sospiro del ventilatore, adesso parla l’aria dell’alba e annuncia nuovi giorni, che non sapranno più d’estate. Provo a ribellarmi, perché io, l’estate, non l’ho sentita veramente iniziare. Quei presagi di libertà, appena masticati, le scarpe che scivolano via le ho dovute rimettere subito.
Un brivido consapevole e mi chiedo se sia stata solo una tregua. Eppure io un’estate, da qualche parte nel cuore, la troverò.
domenica 23 agosto 2020
Willy, con naturalezza
Dal bosco al castello, Willy si trasferisce con naturalezza. Ogni istante sul lago Maggiore può volgere lo sguardo alla severa e affascinante Rocca di Angera, uno dei riferimenti tracciati dall'uomo. Poi, parlando di laghi nel romanzo, non si poteva non sconfinare in una delle terre di castelli per eccellenza, la Scozia.
Martedì 25 agosto alle 21.30 "Chi ha bisogno di Willy" viaggia con emozione, eppure con una sua naturalezza quindi verso il Castello di Novara. Ha pure una compagna d'eccezione, all'appuntamento organizzato dall'Atl di Novara nell'ambito dell'Estate Novarese, con Gino Attilio Timo: la musica. Oltre alle parole, saranno le note dei Mandolinisti Bustesi a raccontare una storia, che è un giallo e una fiaba, qualcosa che se toglie il respiro, vuole provare a dare speranza.
Anch'io accolgo con naturalezza questo incontro di musica e natura. Prima di tutto, perché questo blog - nato nella primavera di dieci anni fa, un po' per caso come per caso a volte si aprono i cassetti - ha proprio loro due al centro, dichiaratamente. Oltre a un terzo elemento, così immateriale eppure non meno vitale: i dubbi.
Musica, natura, dubbi. Anche questa definizione l'ho impostata un po' scherzosamente, tanto da essere davvero rivelatrice. Nel romanzo, ci sono tutti.
Ma la musica di martedì ha un significato ancora più speciale, perché mio padre mi ha fatto ascoltare fin da piccola quella dei Mandolinisti Bustesi, che sono anche un pezzo di famiglia.
Le cose così accadono, con naturalezza. Non vuol dire che non attraversino il dolore. Nel 2015, quando scrissi l'ultima parola (almeno della prima vita) di Willy, annotai anche uno strano post su Facebook.
Estate, di tutto.
L'ho rivisto per caso questa mattina, tra gli avvenimenti straordinari che il social dava la chance di annotare. Ne avevo indicato solo un altro, in precedenza: il referendum per l'indipendenza scozzese, che avevo seguito e raccontato.
Da 2015 non è stato tutto in discesa. Nel 2016 ho scritto un libro che mi ha cambiato la vita, perché se incontri un uomo profondamente buono, anche attraverso le voci degli altri, ti devi mettere in discussione. Quindi ho visto una farfalla volare via, io che pensavo di poterla conoscere e coccolare. Questi due accadimenti hanno contribuito a prendere la decisione più delicata della mia vita, che non ha capito quasi nessuno e mi viene da dire per fortuna.
Così è davvero tutta mia.
Solo mia, per me, per amare meglio la mia famiglia, per imparare, per provare a crescere, per cadere e risalire, in una parola: per vivere.
Mi è venuto persino un po' più di coraggio, qua e là. E "Chi ha bisogno di Willy" è nato da anche da questo. Io sono grata a Mursia per averci creduto, all'Atl di Novara per questa occasione e sono contenta di prendere per mano il misterioso Willy e portarlo in un castello, nella sua terra, nel suo Piemonte, a raccontarsi anche grazie alla musica.
giovedì 20 agosto 2020
Tutte le volte che “l’avranno fatto già gli altri”
mercoledì 19 agosto 2020
Tutto fuori luogo
Irrompe un dibattito politico, ondeggia la partita, brilla uno show che mi risulta subito incomprensibile.
Soprattutto, mi chiedo come si faccia a dare peso a tutto ciò, quando piccoli angeli hanno strappato la nostra coscienza.
Fuori luogo, tutto fuori luogo. La sofferenza scorre a pochi metri, ma noi ce ne rendiamo conto solo se finisce in un video.
Tutto fuori luogo, stasera, anche dentro di me.
domenica 16 agosto 2020
Il prato dei merli insonnoliti
Scivolando fuori prima ancora, con il cielo ancora indeciso se rivestirsi, abbiamo trovato il prato pieno di merli. Fermi e silenziosi, come se ancora insonnoliti, a godersi il lenzuolo di erbetta fresca.
Gli umani non ancora insolenti, le nere creature a gustare la pace. È stata una scia di lockdown, ma no, è solo agosto: il momento in cui la città si ritrae come una marea. E i merli lì sulla spiaggia della vita a respirare.
sabato 15 agosto 2020
La volpe e il cantastorie
Se una mattina mi si presentò una volpe e mi chiese garbatamente di lasciar venire alla luce "Chi ha bisogno di Willy", lo devo a un cantastorie. Ed è giusto raccontarlo ora, per tanti motivi.
Cinque anni fa, intervenni alla presentazione di "Il vino del Papa" e uno degli autori, Giacomo Fasola, portò con sé Claudio Cavallero delle Cantine Sant'Agata alla libreria Boragno. Con il suo carico di Ruché e di ricordi per me irresistibili: mi riportò infatti a don Giacomo Cauda, così caro fin da bambina e così legato a mio padre tanto da congedarsi entrambi da questa terra a pochi mesi di distanza sussurrandoselo. Per me fu chiaro che dovevo andare a Scurzolengo da Claudio per fare il mio ritorno poi a Castagnole e rivedere quei luoghi con gli occhi di qualcuno che aveva voluto bene ed era stato vicino a don Giacomo. Avevo intuito, ma non sapevo ancora con quale forza, fino in fondo, Claudio fosse un cantastorie. Lo sentii durante quell'agosto del 2015 e poi in quello successivo, con una bellissima giornata tutti insieme.
Ma la prima, decisiva tappa fu appunto nell'agosto di cinque anni fa. Andai da sola e prestissimo, perché volevo tornare sulla collina di Violetta entro il primo pomeriggio. Quindi mi alzai alle cinque, preparai ciò che dovevo e aprii la porta finestra, quella che mi fa tuffare direttamente nell'intensità dei laghi. Ma qualcun altro rubava la scena, per dirla con linguaggio umano. Era al suo posto, per usare parole più appropriate al mondo che accoglie noi tutti.
La volpe. Io diventai immobile, come lei. Non si coglievano i nostri respiri, credo, mentre ci guardavamo. Tutti sapevano che fossero in giro, le volpi, ma nessuno le aveva mai incontrate, non così: tanto che mi ricordo poi il piccolo pellegrinaggio a casa mia per guardare le foto. Perché io sì, dopo qualche istante le chiesi: posso fotografarti?
Visto che continuava a fissarmi senza protestare o scappare, allungai la mano al cellulare e scattai una foto, anzi due, perché la volpe girò anche il musino. Finché non arrivò la mia cagnolina e la volpe si dileguò. Io penso che si sia fatta fotografare, perché conoscendomi avrà detto:
"Quella creatura penserà poi di avermi sognata".
Invece, era vero, tutto vero, e io dovevo chiudere la partita con Willy. Ma forse non sarebbe mai iniziata questa sfida meravigliosa, se non avessi incontrato lei. E non l'avrei mai incontrata se non avessi avuto quel giorno un appuntamento in Monferrato con un cantastorie.
Rimasi in contatto con Claudio, così ammirato anche dalla mia famiglia e dai miei amici per essere un cantastorie oltre che per il suo vino. Ma lo scorso maggio appresi che Claudio era andato a raccontare quelle magnifiche storie lassù. Proprio quando Willy stava venendo alla luce con Mursia e la mia, la nostra volpe si mostrava anche sulla copertina del libro. Questo mi ha addolorato, moltissimo, e c'è solo una cosa con cui posso combattere questa sofferenza: la gratitudine. Perché Claudio ci ha donato la sua amicizia e la bellezza della sua terra con le sue parole, ha aiutato anche noi, nel nostro piccolo, a raccontare una storia e perché a lui devo uno degli incontri più straordinari della mia vita.
Piccoli discorsi
Un amico sempre ti aspetta
Minuscolo o immenso, un amico sempre ti aspetta. Con il silenzio incerto di un giorno d’estate, mentre si era nascosto nelle ore capovolte della primavera.
Eppure era sempre lì. Vicino al fiume, a intrecciare ore
naturalmente uniche.Che io ci sia o no. Lui mi aspetta.
giovedì 13 agosto 2020
L'opera più mirabile - ricostruire con Leonardo
Il cielo capovolge la sua incertezza sul mio primo ritorno reale a Milano e si schiarisce. Il Ritorno, non solo perché l’ultima volta è stata una toccata e fuga per saltare su un altro treno. No, è perché dovevo recuperare un senso, un frammento di vita di quelli che ti tremano tra le mani. Al Cenacolo Vinciano.
La visita mi chiamava da quasi sei mesi, la volevo con tutte le mie forze, anche a costo di strappare gli scenari traboccanti di natura per le vacanze.
A fine febbraio, quando fu indicata la prima chiusura, mi ero così illusa (perché adesso non sono ancora capace di dire “avevo sperato”) che si trattasse di un provvedimento lampo, tanto da aver provveduto celermente ad acquistare un biglietto per il 18 marzo. Due settimane e tutto tornerà come prima: io voglio ripartire da lì. Da tempo ero assente, contemplavo le file fuori mentre sfrecciavo nelle mie incombenze milanesi. Adesso sapevo che avevo bisogno di qualcosa di prezioso, irrinunciabile e dovevo assolutamente provare ad accedervi. Che dopo tanto correre avevo bisogno di fermarmi e respirare.
Invece, il nostro mondo si è chiuso.
Tutto è sfumato, come rischia di fare un’opera, la tua opera più mirabile forse. Quella su cui hai osato tanto, anche una tecnica che si è rivelata fragile in quel contesto. E se è rimasto, tenacemente, il Cenacolo, è per l’impegno di tanti, o meglio di non è questione di quantità: è perché gli uomini l’hanno protetto, insieme, anche da se stessi.
Ho deciso di vederlo e viverlo oggi, il Cenacolo, 13 agosto 2020 e non mi rammentavo di essere in prossimità di una data tanto tremenda, di una minaccia spaventosa: il bombardamento che scosse Milano, Santa Maria delle Grazie e mise in pericolo quest’opera, tra il 15 e il 16 agosto 1943.
Coincidenze, che ora mi accompagnano silenziosamente. Mentre aspetto, un domenicano esce dalla chiesa e saluta una milanese dall’eleganza espressa sottovoce, poi un’altra donna dagli occhi sorridenti e che lasciano intravedere una mattina di rallentate commissioni. L’attesa vive dei timidi movimenti agostani della città, intrecci di presenze e assenze.
Quando l’ultima porta si richiude e si può varcare la soglia del Cenacolo, l’istinto sarebbe di inginocchiarmi. Per la scena che rappresenta e per gratitudine, perché qualcosa di più ampio sta avvolgendo questo momento.
Resto un po’ in disparte, lascio che gli sguardi altrui fissino i particolari anche per me. Sono una giornalista, mi rammento, e devo scattare delle foto, ma sono titubante. Più commovente del Cenacolo, c’è la scena intera: quelle persone che stanno ammirando il capolavoro, ciascuna con una propria riconoscenza.
Così, Leonardo, lo scorso anno ho attraversato tanti momenti della Milano gloriosa per le celebrazioni dei 500 anni. Mi ricordo, in particolare, la tappa alla Conca dell’Incoronata, alla scoperta dei tuoi segreti profondi nell’acqua, in occasione del Salone del Mobile. Poi quella città che ho frequentato avidamente improvvisamente è stata sbilanciata, afferrata e gettata in un altro destino di silenzio e vuoto. Come altre, ma lì fa ancora più impressione, perché di solito Milano corre, accende la luce e la spegne, si fa inseguire come un’innamorata. Quella città ora prova a risvegliarsi, mette in moto i suoi cantieri, ma pochi passi ancora risuonano rispetto a ciò che erano.
Se ciò ci spiazza, a nostra volta, questa visita mi offre un equilibrio ritrovato.
Dentro il Cenacolo c’è il senso. C’è la bellezza che sembra esposta al tempo con una fragilità ora irresistibile, perché è la nostra e ce la ricorda. L’opera più mirabile può rischiare di dissolversi, ma non è un destino ineluttabile, se c'è chi se ne prende cura, insieme.
Si può fare qualcosa, sempre, provarci. E quando esco da quei quindici minuti senza tempo, sento che possiamo ricostruire insieme anche grazie a Leonardo: non tutto, non uguale. Ma le cose più mirabili e quelle che ancora ci chiedono di nascere.
Per visitare il Cenacolo, per ripartire: il sito
domenica 9 agosto 2020
Lo sguardo che si accorge
Lo chiamerò Nostromo come facevo quando ancora non conoscevo il suo nome, per quel suo particolare che conduce ai mari. Del resto, lui viene da molto lontano.
Tra le poche cose che so di lui, a parte la mancanza della famiglia che non c'è bisogno di gridare, bastano gli occhi, c'è l'orario del treno che prende la sera, per tornare a Milano. Sì, pendolare controcorrente, salutato da tutti, persino dai clacson degli autobus.
Avevo appena ripreso a camminare, quando l'ho visto.
"Ciao sister - mi ha detto come fa sempre e poi il suo sguardo preoccupato ha anticipato la domanda - tutto bene? È un po' che non ti vedo".
"Adesso sì - ho risposto - perché prima non potevo camminare molto, mi ero fatta male. E tu?".
Lui sorride, come fa sempre, quando è felice e quando deve esserlo forse. Poi dice: "Ah, ecco perché non ti vedevo, sister. Ora stai bene". Lo sguardo perde quel velo preoccupato e si sposta sull'orologio.
Deve correre a prendere il treno.
E penso che il suo sguardo si accorge delle presenze e delle assenze, si prende cura a modo suo di quei volti interminabili che incontra. Viene da molto lontano, Nostromo, e di lui so poche cose, tra cui l'ora del suo treno. Ma è più vicino di tanti che sono stati così appiccicati nella vita o che lo sono tramite vaghi messaggi whatsapp.
La pace dell'ingresso nascosto
Riprendendo i lunghi cammini, gusto l'osservazione delle case, di come sono state concepite e donate poi agli sguardi. Vi sono angoli che in realtà si sottraggono a questi ultimi, uno di loro mi si è dischiuso in questi giorni. Una porta laterale, semiaddormentata, tra l'ombra di una pianta e il muro di cinta.
Mi è tornato in mente l'ingresso nascosto della casa del nonno. Ce n'erano tante, di porte. Quella che si affacciava sul cortile e dava il benvenuto più gioioso. Poi il grande portone con le vetrate, che conduceva alla cantina e profumava di mangime per le galline. Ancora, c'era la porta del piccolo tinello dove sedeva sempre la nonna a riposare con il suo gatto.
Ma sul lato più nascosto, a poca distanza dal muro c'era questo ingresso che mi richiamava misteriosamente e quindi ottenendo dedizione assoluta. Portava in un altro locale ancora, seminterrato. A me incantava però quel suo rimanere in disparte e aprirsi solo di tanto in tanto, come se fosse stata mormorata una parola magica.
La pace dell'ingresso nascosto, dove puoi ripararti davvero, è rimasta là come un segreto. O forse mi ha seguita.
venerdì 7 agosto 2020
Metà e il doppio
Sei ascoltato metà, giudicato il doppio. Di vecchi film, anche un po’ scemi, cogli mozziconi di parole rassicuranti, almeno lì.
Dici due parole e una viene lasciata indietro. Ne hai detta mezza e già ti vedi imbastito davanti un discorso.
Parole, sempre loro comandano. Ma tu ami la notte perché si veste di silenzio.