lunedì 26 maggio 2014

La scuola, il marciapiede e il voto

Certi o disfattisti, li contemplo con uguale distanza. Perché io navigo spesso su una barca al largo, anche un po' cigolante.

Ho votato e non è rilevante che l'abbia fatto, né per chi, anche se mi sono messa a svolgere una ricerca che mi ha quasi stupita, partendo da un aspetto che mi sta sempre più a cuore.

Ma il punto è che vado a votare a scuola. Non è la mia scuola, grazie a Dio: posso sottrarmi a impietosi paragoni. La conosco "solo" da 24 anni, da quando cioè faccio la giornalista di un quotidiano. I casi della vita. Il preside mi disse: le spiego la strada. E io: ma si figuri, guardo sul tutto città (per i giovani quella piccola risorsa cartacea che tenevo in auto prima dei navigatori). E lui: mi dia retta, ci sono due vie con lo stesso nome, quella giusta non è segnata e la trovano neanche i supplenti.

Pagai la mia ribellione con un'ora di ritardo. Premio di consolazione, riuscii anche a raccontare la storia della via confusa e il Comune piazzò un bel cartello con le indicazioni.

Oggi voto. La scuola è sempre coraggiosamente viva. Fuori, la solita tristezza. Compreso un marciapiede sollevato, a giudicare dall'impatto direi dalle radici di un baobab. Solo che il baobab non c'è più.

Quasi quasi chiedo se si possa barattarlo con i cartelli.

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