Devono consumarsi gli anni, come bicchieri per meditare, e una sera tempestosa cogli il momento speciale che hai condiviso, senza meriti tuoi.
Tu sei piccola, servita e riverita su una sedia che ti appare enorme, dalla perpetua: le tue dita grassottelle intingono i biscotti offerti da lei, in questo bicchiere gigantesco dove canta un liquido rosso. La merenda migliore che tu potessi gustare, e lì sembra finita la partita.
Invece, tanti anni dopo, a furia di sentirlo nominare, il Ruché, capisci che compagno fedele è il canto di una bottiglia di Barbera, ma ci sono note che solo l'altro, l'Altro può offrire. E lì, sembra finita la partita.
Ma devi trovarti con un libro delizioso, la gentilezza ferma di un collega, la parlata sensazionale (di sensazioni) di un produttore, un bicchiere che racconta un tesoro nel tesoro.
Devi arrivare qui, nella libreria nuova e antica, appena si spegne il solenne richiamo delle campane e ritrovare tutto: papà che mi fa scendere dalla macchina, il sorriso di don Giacomo Cauda affaccendato nella vigna, il miracolo di un profumo che precede per cavalleria il sapore.
E dire, come fece il parroco del Ruché: premiate Lui.
Grazie, Giacomo Fasola, Claudio Cavallero, Francesca Boragno e tutti coloro che mi hanno permesso di vedere un tassello prezioso in più.
Ps: e leggete il bellissimo "Vino del Papa" scritto da Giacomo con Francesco Moscatelli e Ilario Lombardo.
Mi spiace, ho passato mattino e pomeriggio a Castellanza, al Memorial di Livio di Castegnate... Qualche vecchio amico accademico, Gualtiero dal pensiero dominante sul cibo, abituato agli onori, sa essere sempre se stesso... anche con lo spirito...
RispondiEliminaTroveremo l'occasione...