Fino agli ultimi anni, quando rimaneva un'isola di saggia felicità: andare a trovare Anna e Michele. Erano i cugini di papà, quelli che l'hanno sempre amato in ogni sorte, non lasciandogli mancare mai una visita. Figurarsi a Natale…
Allora torno a Natale, ma anche ai giorni d'estate, con l'orto che reclama attenzione da Michele. Ma lui resta con noi. Lo sguardo dolcemente esigente di Anna, fino all'ultimo istante. E suo marito che parla.
Io in quei momenti lo so bene, che dovrei registrarlo. Per la sua saggezza, le storie che mi svelano tanto della mia città e dell'umanità. Per la precisione, il linguaggio perfetto, la voce strepitosa.
Oggi penso: bisognava registrare il Michele, permettere a tutti di sentirlo, per sempre.
Poi mi arrendo: l'ho sentito io, e pochi o molti altri, il Michele. E siamo stati così fortunati, che io sento il bisogno di parlarne.
Registrare il Michele, non si poteva. Cercare di imparare, briciole dalla sua immensa storia, sì.
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