I giorni sono illuminati dalla tua visita, Alfred. Io sto percuotendo furiosamente i tasti del computer, come se fosse ancora una macchina da scrivere. E tu stai arrivando, sento il trillare dell'ascensore.
Quante giornate, scandite da te, dal tuo sguardo buono e profondo che mi fa scoprire ciò che sono. Sono tutte uguali, perché tutte importanti. A volte, faccio la giullare: volto la schiena al pc e ti mostro che posso scrivere anche così, io, la figlia della campionessa di dattilografia. Lo faccio per sentirti ridere, ridere forte.
Tuttavia, ci sono giorni in cui non senti le risate, non senti proprio niente. Ho un peso sul cuore che non posso dire a nessuno, dovrò lavorare come sempre, come se niente fosse, e poi correre per una visita di mio padre. Ho molta paura e indosso un sorriso così frettoloso che gli altri ci credono.
Quando penso che non ce la posso fare, ecco che l'ascensore lancia quel gridolino felice: arriva l'Alfredo. E io penso, tristemente, che non ho tempo nemmeno per te, oggi, che devo correre da mio padre.
Ma quando tu entri, con i tuoi occhi pieni di affetto, quegli occhi che vedono ciò che nemmeno io vedo, scompare ogni mia apprensione. Io ce la farò, a fare tutto. E prima di lasciare Varese, mi giro, volto la schiena e scrivo così, io, per farti ridere forte.
buon compleanno, Alfred. Fortissimamente Alfred. La tua forza, donata anche un po' a me.
Notte e fortissimamente Alfred.
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