In quella taverna (chissà come la chiamavamo tanti anni fa, quando le parole erano più vere) ho ascoltato le prime canzoni e creduto alle prime favole di ragazzina.
Adesso, si riversa dentro un fiume di dolore, legato all'assenza dell'unica persona amata, e al senso che da quel fiume poi in improvvisa fuga viene sospinto via. Sì, ogni tanto riemergono racconti di ragazzini birbanti, liberati dalla cupezza della guerra, e tracce scanzonate di quei tempi.
Quando sono tentata di credere che tutto sia uguale, i miei occhi catturano una foto che conosco bene, di più di sessant'anni fa. Stampata e appesa sulla credenza, con la casualità della nostalgia.
Avrei bisogno del vecchio mangianastri, della spiegazione di una sorella più grande, di un po' di profumo di primavera.
E' tutto così uguale, qui. E così diverso.
Notte e tutto così ugualmente diverso.
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