Mentre sono all'estero, bussano alla mia spalla e cominciano. Osservano, giudicano, triturano, sorridono: che cosa state combinando con questo Governo? E sento analisi che neanche in Italia quasi riescono a comparire.
Liquidate tutte le congetture e le soluzioni, mi arriva questo: comunque siete un Paese strano.
No, oppongo. Non siamo strani, siamo creativi. E non è una battuta, non è che - come ricordo fieramente - il mio Paese è quello che il mese scorso ha inchiodato l'attenzione di mezzo mondo con uno spettacolo vero e fertile, quello del Salone del Mobile.
Perché non è solo questo. È anche tanta sofferenza, zone non sempre lontano dagli occhi dove imbastire una speranza richiede davvero uno sforzo sovrumano di creatività.
Ma c'è qualcosa di più importante ancora. È il mio Paese. Il cielo sa quanto io sia cittadina della terra e curiosa di varcare ogni frontiera, con una debolezza particolare per la Scozia.
L'Italia però è il mio Paese, quello dove le generazioni che hanno sofferto e creato per me, mi hanno permesso di crescere. Dove per ora vivo e dove resterà sempre il pezzo più importante della mia anima.
E a chi lo prende in giro - italiano o straniero - rispondo così, sì, che siamo creativi. Facciamo fiorire tutto, anche il masochismo. Di solito, anche piuttosto bene.
Mi sembra già tanto, in un mondo che mi appare spesso così arido.
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