Se chiudo gli occhi, mi passano davanti. Don Gnocchi mi porta tutto il loro dolore e la fede che lo accarezza.
Ma se penso a questa parola, alpino, mi viene in mente un volto. Quello dell'amico di papà, Giancarlo. Lo vedevo arrivare in montagna da mio padre, con l'altro loro amico, Alberto. Anche se ero un'adolescente ribelle, mi fermavo ad ascoltare le gag di quel trio.
Ma oggi mi sembra di cogliere la ragione più emozionante per cui mi fermavo.
Loro venivano a osservare le stelle sul lago, perché da noi sembravano mettersi in mostra di più. Stelle cadenti o fermissime, la loro luce un dono.
Poi il tempo ha cambiato lo spettacolo:gli aerei hanno rubato la scena. Tuttavia, c'era sempre un motivo, forse una scusa, per ritrovarsi.
Quando ho iniziato a lavorare, ho ritrovato il Giancarlo. Spesso in Comune, veniva a segnalare un problema, spesso già mettendo mano alla soluzione da vero alpino. Guai a guastare il parco su cui gli alpini vegliavano.
Ma soprattutto, lo trovavo sempre in consiglio comunale. Ad ascoltare, sgridare per risolvere, stimolare.
Quella finta espressione burbera di chi vuole vedere un mondo sano. Di chi vuole osservare le stelle, in compagnia degli amici.
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