mercoledì 30 dicembre 2020

Niente di scontato


 C’è un’ora, anzi due in cui amo socchiudere le persiane e guardare i vecchi cortili: l’alba e il tramonto, quando cambiano sfumature con rapida dolcezza. Quest’anno la neve rende tutto ancora più morbido e il brindisi si avvicina con minore trepidazione, perché questo istante potrebbe durare per sempre.

Casa. Io ci sono sempre stata bene, a casa. Grata. I cortili mi hanno sempre richiamato quelli fiorentini di tanti anni fa, quando feci un mini soggiorno da un’amica. Rigenerante perché ci arrivai pulcino ferito e fiero, dopo che qualcuno aveva pensato di fermarmi complice la mia giovane età. Sono tornata più forte e mi sono ripresa tutto, ma non ho mai smesso di lottare.

Il mio paese è piccolo, non è neanche un paese, ma non si rassegna a essere un rione. Quando lo guardo da qui, mi viene da dargli ragione.

Ho viaggiato tanto, ho la pelle graffiata dai chilometri. Ora sono a casa, consapevole come non ci sia niente di scontato, a partire dall’essere qui. Ho preso il treno quasi senza accorgermene, Homebound Train di Bon Jovi nelle mie orecchie.

Non c’è niente scontato, tutto da lottare, con la gratitudine di chi non si è mai allontanato davvero perché ama socchiudere le persiane, piano piano.

lunedì 28 dicembre 2020

Si scioglie lo stupore

La neve si cristallizza in certezze, incurante di come si sia svuotato questo termine, ma i miei occhi velocemente si riempiono di stupore. Così cammino, cammino furiosamente, con i bastoni di Nordic Walking che mi fanno sentire un esploratore urbano
Penso che finché la neve sia così morbida, io debba gioiosamente viverla, che presto quell'ingenuità si trasformerà in lastre di dubbi e malinconie, che la vita stia reclamando la mia attenzione. 

Si scioglie lo stupore e sto macinando metri e la dolcissima fatica di immergere i piedi in questa polvere avvolgente. Così ancorata a terra, sono gli occhi che corrono su, spinti dalla meraviglia di questo spettacolo mai visto, davvero.

 

domenica 27 dicembre 2020

Ci vediamo sotto la neve

 


Quando tutto ti schiaccia abbastanza, da non credere di poter vedere oltre, quando tutto cambia così in fretta da non cambiare più, tu cerchi un lampo da qualche parte. Qualcosa che forse rimarrà, anche se sembra andare via per prima: la neve.

Allora la aspetti, sbirci fuori dalla finestra sperando che sia già qui; detesti i bollettini, se tarda, ma sei convinto che comparirà. Spolverando appena i pensieri oppure radicandosi, cocciuta.

Ci vediamo sotto la neve. Dai appuntamento a chi lo sa, che c'è un gelo più insopportabile.

Ci vediamo sotto la neve, che mette a tacere tutto, con il suo soffio infantile ed eterno.

Ci vediamo sotto la neve, o non ci vediamo affatto, perché è la neve che non cambia, né la nostra attesa.

Affacciati al balcone

All'ombra di un palazzo ammutolisce un motorino. Lo scorgiamo mentre siamo immersi in una diligente attesa: un uomo si toglie il casco e afferra il cellulare. 

La sua voce ci raggiunge, il suo sguardo si arrampica: «Affacciati al balcone, che ti saluto». Adesso non guardiamo più, come a temere di infrangere un momento privato e prezioso, con le loro distanze che si abbattono con gli occhi. 

Affacciati che ti saluto.

Penso al compleanno di un'amica in un Paese lontano, che mi manca moltissimo. Lei pensava di trascorrerlo con il marito, isolati per il virus, perché non era prudente che tutta la famiglia si riunisse. Poi, un movimento alla porta: nessuno varca la soglia, ma ciascuno si presenta con fiori, doni e un sorriso che sprizza dagli occhi. È stato un giorno speciale, mi confida.

Io non ho visto quella scena, però grazie al suo lieve ritratto via mail mi sento lì. Anch'io vicina e anzi una volta terminato di farle gli auguri, avverto la tentazione di affacciarmi al mio balcone: magari c'è qualcuno che sta pensando proprio a me e passa apposta o finge di farlo per caso, così io spalanco subito la porta del cuore.

sabato 26 dicembre 2020

Non rinuncerò (eh no)

 

Si riversa su di me lo spazio della musica, quello in combutta con il tempo e i desideri. Parto dalla Scozia, arrivo dritto al Mediterraneo, anzi mi tuffo nell'oceano. Angelita, di Umberto Tozzi, una delle canzoni che più li accarezzano, i desideri. Ne parlai una vita fa  e ora mi chiedo perché le frasi chiave cambino così nel galoppo di una vita. 

Non rinuncerò. è la frase che precede la raffica di "eh no". 

Non so bene cosa mi aspetti, non so bene cosa io abbia combinato finora e cosa combinerà. So solo che già ho costruito amorevoli inizi verso questa destinazione.

Non rinuncerò eh no eh no. Perché sono figlia di un'idea e anche qualcosa di più.

Viali ritrovati

Pomeriggi di Santo Stefano, trascorsi a chiacchierare, giocare, un po' poltrire o gustarsi un vecchio film. Fino a quando non c'è la cagnolina da portare fuori, a respirare il sole e a seguire le sue regole naturali.

Così anche oggi, deve avvenire la passeggiata rigorosamente vicino a casa, ma c'è qualcosa di insolito nei viali che identifico solo più tardi. In passato vuoti, ora cosparsi di file minime e ordinate. Famiglie o pezzi di famiglie, amici che camminano diligentemente.

Mi vengono in mente le passeggiate domenicali della nonna della Valle, che erano importanti come per noi viaggiare o godersi chissà quale passatempo. Lei camminava stretta al suo uomo, di cui andava fierissima, e si fermava per uno scambio di saluti: conversare troppo no, il giusto.

Adesso ci osserviamo timidamente a distanza, persino le famiglie non osano procedere a braccetto, quasi a temere di essere giudicate. 

C'è però qualcosa di solenne in questi viali ritrovati, la libertà che si scioglie in riconoscenza per la vita e anche quando torneremo a viaggiare, forse, ci ricorderemo la bellezza di questi spazi e la gioia di condividerli

venerdì 25 dicembre 2020

eVenti di Natale


 Dopo la prima uscita dell’alba, la seconda si avventura  nei venti che frugano i pensieri. Il viale è sferzato dalla solitudine, senza malinconia.

È come se questo gelo raccontasse il Natale più di inutili bagliori. Solo più tardi, mi trovo con altre persone, in un’incerta coda. Una rapida consultazione sui turni, poi ci scambiamo gli auguri. Il tempo scorre e il freddo alterna qualche lacrima; noi all’inizio scherziamo per combattere l’attesa, ma il silenzio si riprende la scena.

Venti di Natale, in un tempo senza eventi ma con l’unico che conta. E tu guardi una donna che si rialza con il pugno sullo schermo del cielo (Via col vento, già, anche qui c’è una corrente sembra spingere tutto via), ma non ti senti più così. Senti che c’è solo un evento, che nessuno può cambiare, che ti sei già rialzata perché qualcuno ti ha preso per mano.

eVenti di Natale, l’aria corre a gridare l’unico evento che conta.

giovedì 24 dicembre 2020

Una certezza nel ghiaccio


 Nel ghiaccio dei piani e delle certezze, si fa strada lei. Una lunga strada, che percorre da almeno 35 anni.

La cartolina di auguri dal mio amico norvegese, con la sua calligrafia gentile e precisa, il foglio che si illumina con il tratto di un sorriso.

Oggi gli amici si perdono con un clic, non solo sui social. Io penso alla fortuna di avere ancora due pen friends del liceo: era una forma così fragile e invece è arrivata fino a questo terribile 2020.

A una di questi amici di penna, di cui invece ho smarrito le tracce, ho pensato molto quest’anno. Abitava nell’allora DDR, mi chiedeva album di Romina e Al Bano e altri cantanti italiani, che le spedivo. Una volta aveva taciuto a lungo, poi mi rivelò la ragione: una polmonite, ma ciò che l’aveva provocata era anche peggio ai miei occhi.

Aveva fatto la coda per due ore al freddo, per comprare le arance. Quest’anno, specialmente questo autunno, ho pensato a lei quando vedo le code fuori dagli uffici pubblici o dai negozi.

Ma questo ghiaccio non mi fa bene. Voglio pensare a una certezza buona, la cartolina dal mio amico norvegese. God Jul. 


mercoledì 23 dicembre 2020

Piccole natività

Di piccole natività è costellato il cammino annebbiato. Luci fatte cadere come per caso, perché è più facile credere così, per qualche perversione umana: creature che cercano ruolo e conforto.

È un padre che ti intervisti, mentre tutti ci lamentiamo delle nostre limitazioni, e lui ti dice con semplicità che suo figlio più grande, l'ha lasciato in un altro Paese, in un altro continente: adesso sono cinque anni che non lo vede, perché non ha abbastanza soldi per rientrare ad abbracciarlo o per farlo venire con sè.

È un gattino solo, che piange disperato e proprio quando per salvarlo stiamo pensando di portarlo al gattile, perché forse era ancora allattato, arrivano dei signori e spiegano che è sfuggito dalla sera prima a mamma gatta. Lei lo sta cercando con tutta l'ansia materna e appena lo riportano, il pianto si trasforma in poppate.

Sei tu, che non ho abbracciato,  neanche una volta, e adesso chi sa se ti confortano o magari sei tu, piccola creatura generosa, che stai accarezzando via le lacrime di qualcuno.

Piccole natività, di cui è cosparso il mondo, aspettando di vedere (perché credere agli umani non basta) che quelle luci non sono lasciate cadere per caso


domenica 20 dicembre 2020

Umanamente

Dalle immagini di una giornata, se ne distaccano due apparentemente così lontane.

Un uomo che nella vita ha fatto tanto, un uomo importante direbbero, che per me è uno dei papà affacciatisi sui miei passi, ha sentito un mio annuncio che sentivo di dovergli fare dal vivo. I suoi occhi si sono annebbiati di lacrime e alla mia reazione anche i miei hanno dovuto.

Poi, una donna che non ho mai visto, intervistata al telefono una volta, una donna che svolge un umile e prezioso lavoro, mi ha contattata per farmi gli auguri e sapere come sto. Lei sola, in una terra che a volte forse le sembra ancora straniera, che si preoccupa per me.

In mezzo, lo stuolo di umanità che non si ferma a guardare nessuno, che corre come prima nonostante l’apparente immobilità a cui siamo condannati, che fa scivolare telefonate e sguardi.

Ma l’umanità, per me, significa queste due persone. Opposte e uguali, perché umanamente sanno prendere a cuore gli altri. 

sabato 19 dicembre 2020

Solo un velo, forse

 C'è un velo che si stende sulla giornata, lo fa con precisione bastarda eppure potrebbe scivolare per caso. Un velo che nasconde all'improvviso i volti, che hanno fatto parte da sempre delle vite.

Un velo di lacrime che separa dagli amici, dalle creature più fedeli. Un velo così lieve, appare di piombo. Finché passi sotto la grande finestra di una scuola e senti le voci dei bambini intrecciare un canto di Natale, le note che si impastano con le parole, poi tutto si scioglie in applausi.

Allora quel piombo si scioglie e torna a essere un velo. Solo un velo, forse. Che non passa più o aspetta il canto di un bambino.

martedì 15 dicembre 2020

Sempre dalla parte giusta

 

Ho lasciato scorrere le immagini che non mi appartenevano più o che mi sono appartenute in un modo nuovo. All'inizio con un po' di pudore, perché avevo la seccante sensazione di essere stata nel posto sbagliato al momento sbagliato. Quei giorni lì, in cui la Nazionale stravolgeva le abitudini intrise di pessimismo, io ero dalla parte sbagliata.

Allora, pensavo, che diritto ho oggi di emozionarmi, scuotere la testa di gioia, poi di dolore quando Pablito se ne va. È forse che oggi rileggo quei giorni, negli occhi delle persone che amavo e che sopportavano tutto, anche le mie contestazioni adolescenti: il mio voler essere da un'altra parte, sempre.

Loro me lo dicevano già: un giorno sarai dalla parte giusta, che è compiere atti savi o folli, senza rimanerne intrappolati sempre. E saper esclamare 38 anni dopo...

Dio mio, Paolo Rossi

Perché amando, si è sempre dalla parte giusta, che non ha colori, che non si divide.

 

domenica 13 dicembre 2020

Sul confine con la nebbia


 Scivola via la nebbia dalla brughiera, si rintana in angoli di sogni e noi rimaniamo sul confine.

Ci fermiamo a contemplare uno spettacolo così normale, da rabbrividire di stupore. La terra cattura ogni briciola di sole e così noi, ma il nostro sguardo continua a frugare negli ultimi sospiri di nebbia.

In questi giorni, quando le vie si sono popolate, ho avvertito contraddittorie sensazioni. Come uno stordimento di fine guerra, qualcosa che non avevo mai vissuto se non nei racconti. Ma non c’è liberazione, non ancora, solo prove di tregua qua e là.

Forse per questo respiriamo questo scenario pegno di una normalità sincera, qualcosa che non cambia per il travaglio umano. Non qui, non ora. 

La nebbia sul confine dei sogni e noi con lei.

venerdì 11 dicembre 2020

Le luci corrono

 

Finalmente cammino dentro il Natale, la luce di una promessa. Non conta più quello che sto facendo, ma che ti sto cercando. Le luci corrono e io le seguo.
C’è una fila sbarazzina e so dove conduce, a te. Le seguo fino al tuo santuario, lo sguardo tenacemente rivolto in alto senza timore di inciampare.
Le luci corrono, ma io mi fermo a cercare te, anche nell’angolo più buio dell’anima.

domenica 6 dicembre 2020

A chi tirare le palle di neve

Nello scampolo di giardino libero resistono sprazzi di neve e il bambino accorre facendone scorta. Plasma delle palle per tirarle e lanciarsi in un gioco scatenato. 

I miei occhi frugano attorno, alla ricerca dei suoi compagni di gioco, ma non riescono a individuarli. È una nonna che compare sul balcone a dare corpo ai miei dubbi, ma lo fa con una gentilezza che vuole attenuare il malessere: «Hai trovato altri ragazzi che giocano con te?».

Il quesito sembra sferzare il ragazzino, che esita come se fosse stato scoperto. È riuscito a impastare le palle di neve, ma non sa a chi scagliarle. Questo mi ricorda i giochi solitari di quando ero bambina, figlia unica, e in un modo o nell'altro i compagni di gioco me li trovavo, al limite me li inventavo.

Questo mi ricorda la situazione attuale di molti di noi. Non sappiamo a chi tirare le palle di neve, con chi ridere, piangere o scherzare senza appoggiare la testa sulla spalla o tendendo una mano. Nei momenti più bui, chiusi tra le nostre pareti, e anche la neve dei sogni si dirada, quando non possiamo sorridere a qualcun altro e confidarglieli.

Eppure possiamo sempre trovare, inventarci, scoprire a chi tirare le palle di neve.


sabato 5 dicembre 2020

La neve, in confidenza

Chissà dove la sentono silenziosa, la neve stamattina faceva un gran fracasso. Sussurrava, sì, di continuo, alimentava un’incessante conversazione tra alberi, animali e mura, facendo trovare un linguaggio comune.

Si fa ciarliera, la neve, senza tradire i segreti di nessuno, come se le spiacesse lasciarci così, dopo averci illuminato gli occhi. Difatti quest’immagine nel cassetto è già svanita.

Eppure la neve, in confidenza, è un’adorabile passeggera. Tu pensi di averla fatta salire a bordo, ma è lei che tiene il volante. Per un minuto, un giorno, una vita, lei entra nel nostro viaggio e non se ne va mai davvero. Perché anche quando è andata, è rimasto il suo profumo, o il suo cicaleccio sottile: ci guidano verso il futuro offrendoci un ricordo, un brivido e un sorriso, l’eco di quel suo parlottare discreto che invita noi ad aprirci.

Quante ne deve sapere, eppure rispetta tutti.

venerdì 4 dicembre 2020

Non è poetica


 Da stamattina avrei voluto scattare foto poetiche, ma la giornata e i suoi accidenti mi hanno preso la mano.

Non è poetica la neve, quando sei in emergenza e il destino esercita accanimento nei tuoi confronti. Non è poetica, quando sei immerso in pragmatici spostamenti, o quando dai tetti ti grida la sua voglia di vivere.

Alla fine ti trovi sull’orlo di una giornata, di cui la sera si è già impossessata. Allora scatti una foto giustificandoti: non è peccato, questo è Marte..

Non è poetica quest’immagine. È solo un assaggio di felicità.

mercoledì 2 dicembre 2020

Cercarsi ai piedi dell'inverno


Per salvarti dalla furia dei gatti, ti faccio scivolare su un foglio bianco: un tappeto candido per te, non certo un rifugio. Allora guardo fuori e mi chiedo dove vorresti stare.

Dove saresti di più al sicuro.

Non lo so, piccola coccinella. So che cammini, ogni tanto ti inalberi e sbatti furiosamente le ali, ma poi torni compatta, e di corsa da me. Scali le mie dita, con una carezza che mi scalda di incertezza. Ti rimetto giù e tu ti arrampichi, ancora, come se non volessi che stare con me, uno degli animali più pericolosi della terra.

Mi cerchi, forse perché io cerco te. 

Cercarsi, è tutto ciò che resta ai piedi dell'inverno.  Aprire la finestra e poi richiuderla, senza soluzioni. Quanto dura la vita di una coccinella, non lo sappiamo, mi dice un amico.

E la nostra, forse sì? Noi creature minuscole ai piedi dell’inverno.

GLI ANIMALI NEL MIO ROMANZO CHI HA BISOGNO DI WILLY