Stasera mi scorre dentro tutto un libro, e una vita. Perché al liceo la mia lingua preferita era il tedesco e Peter Handke mi fece entrare senza paura, in quel fiume di brividi.
Stasera ho sobbalzato, perché ero convinta che il Nobel fosse stato assegnato da un pezzo a lui. Anche se lo ripudiavo, anche se talvolta era scomodo, pure per le mie solenni convinzioni.
E stasera, tra le sue opere, mi divora “Infelicità senza desideri”: in tedesco, ogni parola schiude sentiero che nella mia lingua si inaridiscono. Sua madre e ogni origine della Vita.
Racconta ciò che scava alcuni, e troppi. Tenta molti. Lascia indifferente i più, perché non capiscono che può sbranare tutti.
Quell’infelicità bastarda che nasce perché non hai più desideri. Al liceo ti rassicurano: non puoi capirla. Ma puoi fare di peggio: intuirla. Puoi avere una marea di sogni e trovarti a nuotare tra la sabbia. Non perché tu sia peggiore o migliore.
Perché tocca a te.
Infelicità senza desideri: incomprensibile da contratto al libro, invece no: e il Nobel a colui che te l’ha indicata.
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