lunedì 28 ottobre 2019

Sii uomo (a chi)

Sii uomo. Mi ricordo ancora quella frase rivolta in tono tutt'altro che imperioso da mio padre, la prima volta che mi trovai in ospedale. Io rintracciai dentro di me la voglia di ridere: «Se fossi uomo, non sarei in questo reparto». 

E noi abbiamo riso come ragazzini, né uomo né donna. Due persone, fragili e testarde. Padre e figlia, senza barriere innalzate da luoghi comuni.

Sii uomo. Quante volte l'ho sentito dire a una donna, anzi neanche tanto scandire a voce alta, ma sussurrare.

Perché ai miei occhi sii uomo è una frase ontologicamente infondata. Sii uomo, ovvero abbi coraggio.

Sii uomo, a chi. Quanti uomini hanno la forza di dire ciò che pensano. Di pagare per ciò che fanno. Di mostrare le loro ferite senza vergognarsene. 

Quanti commettono una scorrettezza e ficcano la testa sotto la sabbia. Pensano di essere degli dei del calcio perché scrivono banalità da una vita e se vedono una donna che fa il loro mestiere, vanno oltre.

Perché sono spaventati. 

Io conosco molti uomini spaventati, ma sarò sicuramente sfortunata. Perché io sono donna. E non ho voglia di fare processi a un genere o all'altro. Non ne ho neanche il tempo, perché sono un po' impegnata di questi tempi, ma rimedierò.

Voglio solo scrollarmi via i luoghi comuni e ridere, ridere in faccia a chi tenterà seriamente di dirmi: sii uomo.

Sii uomo. A chi.

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