domenica 15 luglio 2012

Generazione senza guerra


Appartengo a una generazione senza guerra. Dove senza guerra significa nessun conflitto e dolore vissuti in prima persona, sulla propria testa, nella propria carne. Guerre asettiche, esportate, di fronte alle quali ciascuno ha la propria reazione. Ma sempre disincarnata.

Penso a Rossella in Via col vento quando torna ad Atlanta e rabbrividisce per un tuono; poi spiega che d’ora in poi quel rumore le ricorderà sempre i cannoni.

Pochi giorni fa, parlavo con una signora ricca di anni, ragazzina ai tempi della guerra. Il rumore non è un timore sepolto. Mi raccontava anche che la fine del conflitto mondiale coincise con la scuola per lei, dunque gli allarmi, i bombardamenti, la fuga collegati a quella fanciulezza mutilata. Mi ha detto: se fosse tornata una guerra, avrei preferito morire. Perché quella paura addosso è la ferita peggiore.

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