Da rocker l'ultima cosa che potevo fare, era applaudire canzone tipo "Careless Whisper". Ma ho sempre amato la sua voce e anche la sua grinta tenera. Mi è accaduto - lo confesso - un po' ciò che ho provato con i Duran Duran. Contestati aspramente ai loro giorni (causalmente anche miei) e poi se non rivalutati, riammessi sotto pelle anche in contrapposizione al vuoto pneumatico dei tempi attuali.
Ricordiamo George Michael e ricordiamo noi stessi. Quello che siamo stati, che siamo ancora, che vorremmo essere.
Io ho la memoria più intensa su una canzone anche poco edificante, se vogliamo. Potevo scegliere Freedom e facevo figura migliore. Ma in fondo, sapeva anche quella di libertà.
Era un'estate tedesca e qualcosa di più. Nel 1987 mi trovavo in famiglia, in Germania, a studiare e ad addomesticare la mia conoscenza della lingua. Tengo gli occhi chiusi, per rivedere i volti di tutti i ragazzi della compagnia. La libertà della campagna in un delizioso paesino (una delle amiche guarda caso si chiamava Heidi) e delle feste. Della birra che scorreva con giudizio, le prime cinture di sicurezza legate subito con la mia ammirazione e l'autista rigorosamente sobrio. Camminavo in punta di piedi per la gioia di essere in un altro mondo.
Tra le canzoni che dominavano la scena in auto o nelle serate tra di noi o alle feste, c'era quella "I want your sex". La ballavamo, ci scherzavamo su perché erano gli anni Ottanta, quelli sfrenati, ma noi imbranati ancora. Senza pretese, ma con la voglia di vivere e di conoscerci.
Quando ripenso a quell'estate, mi accompagna anche quella canzone, non la più bella, non la più romantica, ma casualmente caduta lì a suggellare settimane speciali per me.
E non posso che sussurrargli, con cura sì: riposa in pace George Michael. Non per quelli che ti amano, non per quelli che ti giudicano come se nella loro vita fossero capolavori assoluti ed esempi di morale indiscussa per gli altri, ma per te stesso, e per il tuo cuore prima della tua intensa voce.
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