Chi mi ha seguita sulle orme del capitano Scott, sa che questo è il giorno più meraviglioso e terribile. Quello in cui siamo ormai convinti di farcela: il Polo Sud è nostro, i nostri sacrifici premiati, la durezza di una marcia oltre ogni aspettativa destinata a sciogliersi nella gioia.
Domani, il diario del capitano in Antartide si aprirà con quest'altra parola: worst. La visione della bandiera norvegese, che fa crollare ogni sfumatura di sogno. Il peggio è avvenuto, eppure non ancora.
Ma oggi è mia abitudine marciare con la squadra britannica armata di un sorriso, non inconsapevole, bensì fiducioso: scelgo in particolare quello di Bowers, del piccolo Bowers, come ama chiamarlo Robert Falcon Scott. Lui che cammina, lavora e persino nel suo sacco a pelo, nella tenda gelida, ha una missione: elaborare pensieri positivi. Gli viene naturale, cogliere un segno in ogni minuscolo accadimento.
Quando si è come Bowers, non si cade mai. O meglio, si riparte.
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