Appunti di Viaggio di Marilena Lualdi Tra natura, dubbi e musica (Nature, music and doubts) (Questo sito si serve dei cookie per fornire servizi. Utilizzando questo sito acconsenti all'uso dei cookie)
lunedì 30 novembre 2020
Al primo sguardo
Possiamo rialzarci
domenica 29 novembre 2020
Cresco di curiosità
Per quasi cinquant'anni, mi sono fermata all'ultimo piano conclamato. Quello in cui abitano persone e sogni. In queste ore, sono salita puntuale fino a quell'ultimo piano, poi ho guardato la cagnolina che spingeva il muso su, verso l'altra rampa.
Lassù che cosa c'era? Detto in modo realisticamente banale, la porta a cui accedono i tecnici dell'ascensore, ma io per la prima volta l'ho vista in un altro modo: un ulteriore luogo da esplorare. Gradini in più, il fiato corto e felice di aver superato un livello, una sazietà.
Siamo arrivate su, come se avessimo scoperto l'America. E forse un po' è stato così.
Perché cresco di curiosità.
venerdì 27 novembre 2020
Insolita e leggera come la nebbia
giovedì 26 novembre 2020
Lo sguardo bambino di Maradona
Quando se n’è andato, stavo pensando al futuro e non ho capito bene cosa stesse accadendo. È bastato il film su Rai3 a riportarmi un sorriso liberatorio, uno sguardo che mi riportava a un tempo troppo lontano.
Ogni domenica è una rivincita.
Ero troppo brasiliana, Pelè il mio idolo indiscusso e il Brasile che mi scorreva nelle vene di romanista senza accorgermi che i miei eroi erano già qui. Eppure i campionati mondiali dell’82 mai si disputarono, fu la mia decisione dopo che il Brasile uscì di scena ed è troppo tardi per vergognarmene. Una ragazzina distratta da troppi sentimenti, ma poi si accorse di quanto stava accadendo a Napoli. È quando il calcio ti dice che anche nella vita ogni domenica, ogni giorno è una rivincita.
Ti hanno detto che rimarrai sempre sempre schiacciato dai potenti, che successo non avrai mai. Perché cosa sia il successo, lo hanno decretato loro.
Sento che la gente mi vuole bene.
Poi le loro convinzioni non ti toccano più. Perché sai per chi stai giocando. Quello stadio zeppo di volti e sogni, oggi sembra un lampo conficcato nella preistoria.
Me lo dice lo sguardo bambino di Maradona, che mi fa ritrovare il mio. Ti stanno gridando cose che anche se qualcosa di profondo dentro di te, conosci. E sai cosa rispondere.
Tanto, io gli faccio gol lo stesso.
Lo sguardo bambino di Maradona, Solo i mediocri condannano senza appello le fragilità dei geni. (cit. Luca Di Bartolomei). Lo sguardo bambino suo, e io che mi ci ritrovo.
Grazie Diego, tanti anni dopo di sonno dopo.
Scusate, mi viene da piangere. (Argentina-Inghilterra 1986)
martedì 24 novembre 2020
Quello che ti diranno (la paura è loro)
lunedì 23 novembre 2020
Quell’impossibile del Natale
Avvolta di luci e colori, ma soprattutto stupore, mi osservo. Me ne intendo dell’impossibilità del Natale. Ho perso mio padre un mese prima delle feste e l’aria fu risucchiata via assieme a tutto ciò che conteneva.
Abbozzai solo un presepe, perché strinsi un patto: l’avrei fatto se altrettanto avesse deciso una donna straordinaria, che aveva perso la figlia e da allora si era fermata.
Quell’impossibile del Natale, nei cuori feriti, prova a unirli più del dolore.
Impossibile quest’anno in cui le certezze umane sí sono ridotte a brandelli: noi eravamo invincibili, tutto era possibile con le nostre forze e si è sgretolato.
Io proprio per questo, afferro una coperta calda di luci e colori, che non copre le mie debolezze, né il mio vuoto. Ma mi ricorda che l’origine del Natale è qualcosa di impossibile, così minuscolo da battere il gelo e il buio, e per questo io ci credo.
domenica 22 novembre 2020
Solo un filo di trucco
Basta un filo di trucco per uscire allo scoperto, anche con se stessi.
Una linea di ombra su un pensiero, una pennellata di luce sull’altra, il pallore cupo della notte che si ravviva.
Solo un filo di trucco per tracciare ciò che sarà di te, senza montarsi la testa, senza farsi cancellare da maschere e illusioni.
Un filo di trucco e finalmente sei tu, sulle punte a danzare con l’alba.
sabato 21 novembre 2020
Il dolore immobile
Sei sempre tu, l’unico che ha intercettato il mio dolore tempo fa lungo la strada semivuota. Sister, tutto bene, non ti vedevo più. Tu che vieni da un Paese lontano, che ogni giorno affronti viaggi più brevi e incerti.
Ma ora sei diverso. Sei immobile, appoggiato al palo senza indolenza. È il dolore che ti tiene lì, mentre dalla chiesa cerca di riversarsi con ordine il flusso degli amici di un uomo speciale.
Quell’uomo per tanti anni ha accolto anche te, nel suo negozio. Ti vedo che fai tappa tra le vetrine, chiedi, racconti, cerchi di vivere.
Come manifestare il tuo dolore, se non così: immobile.
Ma poi mi ricordo l’unica altra volta in cui ti vidi così. Immobile, appoggiato a una parete, persino le lacrime impietrite negli occhi: quando morì la moglie di quest’uomo, anni fa.
Tu che ti sposti sempre con una regolarità stupefacente, che abbracci un quartiere con le tue parole e il tuo sguardo, perché ne fai parte, anche se vieni da lontano. Soprattutto perché vieni da lontano.
Il tuo dolore immobile mi ha scavato dentro più di tutto. Ancora di più, quando una donna si accosta a te e ti raccomanda: stai attento.
Io non riesco più a guardarti e ti saluto alle tue spalle. Mentre mi allontano, mi accompagna la tua parola: sister. Tu non ti muovi, non ancora.
giovedì 19 novembre 2020
Poveri sotto la luce
Una manciata di istanti di pura luce, ora anni luce distanti mi sembrano. Noi che corriamo al cospetto dell’Albero illuminato. No, non è un trono, è il luogo caldo e accogliente che ci era mancato in questi mesi, è il tepore di una promessa.
Poi, a pochi metri ci attendevano sguardi sofferenti, la scoperta che quel viale, in realtà, era già diventato buio, perché qualcuno che vi apparteneva in modo indissolubile se n’era andato.
Questa mattina ci è parso stupefacente che l’albero fosse ancora illuminato. Perché noi siamo poveri, sotto la luce, ma lei resiste, tenue o abbagliante ci accompagna anche nel tratto più oscuro.
Le lacrime, dopo tutto
martedì 17 novembre 2020
Ed è tutto chiaro
lunedì 16 novembre 2020
Purché io trovi Willy (e la libertà)
Così trovo Willy. Non quello del mio romanzo edito da Mursia, ma non credo di andare poi così distante. Il mio Willy ha un volto tutto da scoprire, anche quando pensi di averlo individuato tra le pagine.
Oggi parlando con le magnifiche creature che si occupano del progetto Porcikomodi all'interno di quell'immenso abbraccio è che Vitadacani, il discorso è andato su di lui e ho dovuto incontrarlo, almeno virtualmente.
Willy è un torello che ha deciso che il suo destino poteva essere scritto anche da lui. Che ha scelto la libertà, a ogni costo, e ha sfidato ogni ostacolo, anche recinzioni altissime e la testardaggine degli uomini a dover dettare la propria legge.
Ma Willy non aveva la minima intenzione di arrendersi, e anche quando è parso che la sua storia dovesse avere un drammatico, scontato epilogo non è andata così. Perché se sei vuoi essere libero, se lotti con tutte le tue forze, persino il destino ti può dare una chance.
C'è un passaggio particolarmente prezioso per me, nel racconto di coloro che hanno portato a compimento la sua salvezza.
Lui aveva un nome, e il suo coraggio lo aveva affrancato dallo status di animale-cosa che condanna i suoi simili.
Ho pensato che forse questa mia passione, ossessione per molti di dare dei nomi agli animali che incontravo (e alle piante), con una inspiegabile eccezione, potesse avere questa segreta intuizione. Che era per poterli abbracciare nel nostro percorso comune di vita. Per stare al loro fianco e imparare da loro. Per non pensare che fossero al mio servizio, per imparare a smettere di nutrirmi della loro sofferenza.
Il cammino è lungo e faticoso, ma che importa purché io trovi Willy (e la libertà).
domenica 15 novembre 2020
Senza tempo
Sotto il vostro sole provvisorio, lampo di una stagione, cammino senza tempo.
Che poi, che moneta svalutata è, il tempo. Non lo si trova per rispondere a una chiamata o uno sguardo. Quello che si rintraccia in abbondanza, per schernire o scoraggiare. Quello che ci passa avanti e ha troppa fretta per guardarci, quello galantuomo è un’altra faccenda ma non è maniaco della puntualità.
Forse è meglio essere senza tempo, smarrirsi tra creature che non si fanno simili crucci. Sotto il loro sole provvisorio, sentirsi vivi in un istante che si dilata in eternità.
sabato 14 novembre 2020
Quando il mondo sembrava già cambiato
Nell’oscuro sfondo di questi tempi, scorre qualcosa di più di una promessa e persino di un film.
“Indovina chi viene a cena” raccontava non solo che potevamo cambiare, ma in fondo che era già successo.
Non posso attribuire la colpa al virus, se capisco che non è proprio così. Pontifichiamo davanti a tutto, anche a un piccolo migrante inghiottito dal mare e dal nostro silenzio.
Liberali incalliti e l’inferno che già ci guarda.
Quando il mondo sembrava cambiato. E dobbiamo ancora cambiare, o provarci.
Marinai controvento
Mi hai dato tutte le istruzioni per un’esistenza tranquilla, peccato che io abbia guardato te. Nella tua vita e quando ti sei dovuto fermare apparentemente nei tuoi occhi: il tuo guizzo ti rivelava così, papà.
Marinaio curioso, testardo, controvento. Pronto a fare tutto ciò che credevi giusto, a salpare ancora se te lo impedivano. Non erano le condizioni in cui ti trovavi a dettare la rotta, ma le tue convinzioni.
Quando sei salpato troppo lontano perché io potessi vederti, dodici anni te, mi hai lasciato anche questo.
Marinai controvento, siamo io e te e sappiamo dove incontrarci, ancora. Anzi, salpando ogni volta io già ti incontro, ancora.
venerdì 13 novembre 2020
Willy otto volte gentile (perché niente è immobile)
Grazie ai potenti mezzi del computer mi sono messa a cercare quante volte si posa sulle pagine di "Chi ha bisogno di Willy" e ne ho contate otto.
Mi piace questo numero, che fatto scivolare delicatamente diventa simbolo dell'infinito. Nella Giornata della Gentilezza, il libro si posa tra le ortensie con naturalezza e mi fa pensare a tutte le volte in cui le creature sono gentili con noi, che ce ne accorgiamo o no.
Willy otto volte gentile, in un mondo un po' spaesato, vuole raccontare anche questo. Che persino quando siamo in un isolamento, voluto oppure obbligato, possiamo non spegnere i nostri sogni e frugare con lo sguardo attorno a noi. Fermi, ma felici come il Gatto sotto l'ombrello di Carpugnino oppure come i muratori che con la gentilezza hanno salvato una farfalla.
Perché niente, nessuno è immobile, se lo vogliamo. Se siamo premurosi l'uno con l'altro.
mercoledì 11 novembre 2020
La classe è anche acqua
Ci sono eleganze pacate, che si colgono anche dagli sguardi. Come la tua.
Quando mio padre volò via, in diversi si sono presi cura di me, con garbo. Tu sei sempre stato presente, con telefonate o visite quando riuscivi a venire qui, l'hai fatto finché potevi e te ne sono grata. L'eleganza indossata dai gesti e dalle parole, mai ostentata: dietro quello che eri riuscito a costruire, non dimenticavi mai cosa, chi c'era. I sacrifici tuoi e dei tuoi cari genitori, i loro tremori quando dovevi raggiungere la metropoli e i suoi pericoli. La tua generazione, che ha vissuto il coprifuoco, quello vero: ci ripenso e mi ritraggo dalle mie lamentele quotidiane. Difatti, quando venivi a trovarci, ci parlavi volentieri anche dei tuoi nonni, i miei bisnonni, e mi hai aiutato anche con il nostro libro di famiglia, perché ci tenevi anche tu.
L'anno scorso, abbiamo festeggiato tutti insieme un tuo magnifico traguardo e io ti guardavo con affetto e ammirazione: sempre così elegante e con quel guizzo sincero negli occhi che abbracciavano con orgoglio la tua famiglia sul lago.
Allora, lascia che io ti ricordi anche così. Tra le tue visite, una quando il mio corpo combatteva con il dolore di aver perso papà, forse reandosi ferite. Ti raccontai che mi avevano operato a un occhio, per togliermi un fastidioso ospite, eppure questo si era riformato e non riuscivano a mandarlo via: volevano intervenire ancora, ma io ero riluttante a tornare in sala operatoria.
Tu arrivasti a casa mia con un tomo dell'enciclopedia medica. Mi dicesti: devi fare così, impacchi di acqua calda e fredda, alternati.
Interventi, pomate, e ora l'acqua? Tuttavia, se me lo dicevi tu, io ci credevo; quindi, ho eseguito.
Sarà stato quello, sarà stato il sentire che mi volevi bene, o tutto insieme, fatto sta che io sono guarita.
La classe è anche acqua, lasciami scherzare, perché noi Castiglioni-Crespi ci sforziamo di sorridere anche quando siamo addolorati. E a me pare di vederti sorridere sul tuo lago, forse lo stai facendo davvero, ancora.
martedì 10 novembre 2020
È rimasta la luna
La stella segnatempo
Mi guardo attorno senza orientarmi nel tempo, che quando avevo più coraggio di essere filosofa credevo pure non esistere.
Adesso il cielo blu si colora di foglie gialle che si stanno polverizzando, l’erba verde e testarda cancella ogni tentazione di brivido.
Io non so che in tempo stiamo viaggiando. Non scrivo più nulla sull’agenda, uso incerti post-it che volano via.
Poi arriva lei, silenziosa. Anzi loro. Una stella segnatempo, perché mi ricorda che arriverà Natale. Una, due, tre.
Una stella segnatempo che ha voglia di accendersi. E anche se non so in che tempo siamo, potrei persino sorridere.
lunedì 9 novembre 2020
Sui passi del mio mondo
giovedì 5 novembre 2020
Forse è troppo presto
Inghiottita dal buio questo mattina, mi sono disorientata, ma poi ho pensato: forse è troppo presto.
Le auto cercavano di spazzare la notte riluttante a ritirarsi, l’aria sprigionava già quello strano calore dell’alba. Eppure forse era troppo presto.
Chissà perché mi è venuto in mente che ti dicono che è troppo tardi per cambiare. Mentre forse solo è troppo presto. Poi, si allenta la morsa del buio e tu devi solo batterlo con passi di cuore.
Non ora, ma presto. Molto presto.
mercoledì 4 novembre 2020
Qualcuno che ti aspetta
Ogni sera, ti aspettava dopo una dura giornata di lavoro, perché questo era, ma molto di più. Il giornalista, nel vecchio millennio.
Tu risalivi perché quello era il bello, la casa vicino la redazione, praticamente sopra e a tavola ritrovavi te stesso, la tua famiglia, un po' di pace tutto insieme. Ce n'è bisogno quando fai il giornalista nel vecchio millennio, quando lo fai sinceramente e con quella precisione che ti porti dietro da una vita. Quando devi rimanere freddo abbastanza, da non esserlo per niente, tanto più quando il destino un giorno colpisce proprio te.
Ma tu sapevi che tua moglie, a casa, ti aspettava e vi sareste seduti insieme, cenando e raccontandovi quella giornata solo apparentemente terminata. Finché, implacabile, sarebbe arrivata una telefonata, dalla redazione centrale o da una fonte: c'era da scendere, da ripercorrere quei pochi metri che dividevano dall'ufficio, da riaccendere le luci e da cambiare il giornale ancora. Il pasto fumante, che diventava freddo, e ogni volta tu le promettevi: mai più.
Quando c'è qualcuno che ti aspetta, che si sta prendendo cura di te, già mentre ti attende, tutto acquista un senso . Così corrono gli anni, la figlia che puoi abbracciare ti rende nonno ed è uno stupendo lavoro, accudire la tua nipotina; scrivi romanzi come non osavi prima.
Finché devi andare via e lo fai senza rimpianti anche perché c'è qualcuno che ti aspetta lassù.
Così corrono gli anni e la donna che ti ha atteso per tanto tempo dopo una dura giornata di lavoro, deve andare via a sua volta. Lo fa senza rimpianti, perché nel frattempo è diventata bisnonna, ha respirato tanto amore fino all'ultimo, ma adesso deve proprio andare.
Perché c'è qualcuno che ti aspetta, lassù.
Buon viaggio, Isolina, dal tuo Gianni, dalla tua Daniela.
martedì 3 novembre 2020
Metti se il Paradiso
In questi tempi più che duri, scavati nelle lacrime, se sento la parola Paradiso, continuo a sentire le parole del nonno. Così generoso e giusto, come i contadini sanno essere anche quando li strappano dalla terra, da non temere di definirlo in dialetto: in pari alle radici.
Stasera che mi sento pure sotto terra, per la precisione, guardo la tv e compare Gigi Proietti. O San Filippo Neri.
Metti se il Paradiso fosse conficcato qua, tra le lacrime, la fatica, le ingiustizie. E noi a cercare di estrarlo, mentre già ci strappa via da questo vuoto, Lui.
lunedì 2 novembre 2020
Nel cortile della vita
domenica 1 novembre 2020
Non ho paura della nebbia
Dalle mie parti la nebbia si riveste di infiniti nomi. Non ce n’è uno che abbracci sufficientemente il generico concetto.
Negli anni, la nebbia si è ritratta da noi, eppure noi non ce ne siamo dimenticati. Nei miei perenni viaggi, quando la trovavo di notte, ero indecisa tra paura e il tepore che crea la familiarità.
Adesso questo tempo è intriso di nebbia e non mi sento di aver paura. Perché da queste parti la nebbia è più concreta delle incerte stelle: la accarezzi e forse ci ascolta pure.
O forse possiamo cominciare ad ascoltarci noi.