Finché nei primi morsi della sera accompagno fuori la cagnolina e scorgo un muto compagno di passeggiate a sei zampe. Stasera devo chiedergli come va e lui annuendo mi restituisce la domanda. Mi sento mentre gli dichiaro: sono stufa.
Così lui replica: «Già, non passa più».
Una fotografia realistica, vagamente impietosa come questa sera gelida da copione, non riesce a volare lontano da noi; così il mio sguardo corre oltre la strada e lambisce il viale, dove so che lui abita.
- Sì.
Non c'è più niente da dire, non c'è da correre più, non c'è un'altra immagine che si infila dentro a mascherare il vuoto del viale, dove il Peppino, non lo incontrerai più. Sto già rientrando a casa, perché ci sono le lacrime, dopo tutto.
Perché prima, in qualche modo le hai soffocate, sei riuscita persino ad ascoltare sfoghi sul nulla da interlocutori che senti già molto distanti; devi aver mangiato, hai scrupolosamente (o così ti sembra, se non speri) svolto il tuo compito e adesso sei qui.
Con le lacrime, dopo tutto, che dovevano venire prima e ora che ti hanno raggiunto dopo questa corsa vana, ti fanno compagnia.
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