Ogni sera, ti aspettava dopo una dura giornata di lavoro, perché questo era, ma molto di più. Il giornalista, nel vecchio millennio.
Tu risalivi perché quello era il bello, la casa vicino la redazione, praticamente sopra e a tavola ritrovavi te stesso, la tua famiglia, un po' di pace tutto insieme. Ce n'è bisogno quando fai il giornalista nel vecchio millennio, quando lo fai sinceramente e con quella precisione che ti porti dietro da una vita. Quando devi rimanere freddo abbastanza, da non esserlo per niente, tanto più quando il destino un giorno colpisce proprio te.
Ma tu sapevi che tua moglie, a casa, ti aspettava e vi sareste seduti insieme, cenando e raccontandovi quella giornata solo apparentemente terminata. Finché, implacabile, sarebbe arrivata una telefonata, dalla redazione centrale o da una fonte: c'era da scendere, da ripercorrere quei pochi metri che dividevano dall'ufficio, da riaccendere le luci e da cambiare il giornale ancora. Il pasto fumante, che diventava freddo, e ogni volta tu le promettevi: mai più.
Quando c'è qualcuno che ti aspetta, che si sta prendendo cura di te, già mentre ti attende, tutto acquista un senso . Così corrono gli anni, la figlia che puoi abbracciare ti rende nonno ed è uno stupendo lavoro, accudire la tua nipotina; scrivi romanzi come non osavi prima.
Finché devi andare via e lo fai senza rimpianti anche perché c'è qualcuno che ti aspetta lassù.
Così corrono gli anni e la donna che ti ha atteso per tanto tempo dopo una dura giornata di lavoro, deve andare via a sua volta. Lo fa senza rimpianti, perché nel frattempo è diventata bisnonna, ha respirato tanto amore fino all'ultimo, ma adesso deve proprio andare.
Perché c'è qualcuno che ti aspetta, lassù.
Buon viaggio, Isolina, dal tuo Gianni, dalla tua Daniela.
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