Vivere è diventato così complicato - ho proseguito il mio dialogo interiore - e non è che la porto gioiosamente questa mascherina, tanto più quando sono in giro a piedi con il cane e si appannano gli occhiali. Devo quindi alzarli e decidere come vedo di più, o di meno, se con le lenti annebbiate o senza.
In quei momenti prenderei a calci le castagne matte - quelle che infilavamo in tasca perché così curavano contro il raffreddore, anzi lo prevenivano, ci veniva assicurato - come un bimbo indiavolato perché non può divertirsi come vuole.
Poi, sento proprio un rumore di giochi infantili. Esito davanti al cortile della scuola e lo spettacolo che mi accoglie, è una carezza.
Ci sono gli alunni che corrono e giocano, i loro volti coperti dalla mascherina, ma gli occhi no e anche le loro voci riescono a fluire gioiose. Non si pongono interrogativi, i bambini, perché troppo impegnati a essere felici in ogni condizione. In un'altra parola, a vivere.
Nel cortile della vita cammino e ora non sbuffo più. Guarda, così mi si appannano pure meno gli occhiali.
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