Martedì sera ascoltavo splendide poesie di Gianni Fusetti, cantore di Busto che mi ha guidato nel mondo della cronaca, ma che nella poesia ho conosciuto a poco a poco.
Il dialetto è una cosa seria. Da non deformare, calpestare, schernire. Nel mio libro "L'importanza di essere secondi" posso aver fatto sorridere qualcuno perché le due citazioni iniziali sono di un poeta dialettale della mia città e di una rockstar americana. A volte mi sento a disagio anch'io, per questo navigare sul confine e sguazzare. Ma sono fatta così.
E l'altra sera ecco che mi arriva una rassicurazione, probabilmente perché il signor Fusetti è tanto caro e vuole bene a questa discola. Ascoltavo una sua poesia su una persona sola, per tutta la vita, nella miseria e al cui funerale pochi partecipano, e senza una lacrima.
Un pensiero mi ha folgorata: ma questa è "Eleanor Rigby". I Beatles, un poeta della mia città. Lo so, può apparire un vizio. Ma penso a quanto amasse il signor Fusetti (io l'ho sempre chiamato così, in tutti questi anni, e gli voglio bene così) il bustocco e le lingue antiche.
Tutti cantiamo forse gli stessi eventi, sensazioni, sogni e paure. In lingue lontane, nel tempo e nello spazio. E nella stessa?
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