Accosto questo avverbio senza timore di essere sacrilega, ma perché il Natale in me quest'anno acquista più senso che mai. Per tante ragioni.
Oggi sto leggendo poesie, famose e non. Da allarme rosso, assicura Arguta Paffuta. Sciò, le ho detto, lasciami gustare.
Una, me l'ha mostrata il mio amico Luigi. Anzi, due perché il componimento si divide in un Natale di ieri e uno più recente, lo scorso anno. L'ha scritta Tino, e gli sono grata per questo dono giunto a me per i fili della vita. È vero, il Natale di ieri era una gran festa, la famiglia riunita dalla quale nessuno mancava, il trenino desiderato non arrivava, ma al suo posto un golfino sferruzzato da mamma, due arance, un mandarino, un libro colorato. E la certezza, rinasce il Redentore.
Oggi una cena più ricca, tutti agghindati, Babbo Natale... Ma lui cerca invano il suo presepe, rimpiazzato da un abete, cerca nonna, mamma, un pastorello. È sparito pure il Bambinello, nota con nostalgia. Ma quella malinconia porta una marea di ricordi e l'ultimo pensiero, fondante, è sempre lui, Gesù Bambino. Ringrazio l'autore di questa poesia, carezza di versi.
Quest'anno cerco di non pensare alle troppe persone che non potrò più andare a trovare per gli auguri. Cerco di guardare il presepe, da cui il Piccolo Uomo non andrà mai via.
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