Una sera in gita, ci abbiamo provato a guardare "Profondo rosso". Era un brivido già osare entrare nella notte distanti da casa, con un film dal sapore proibito per me.
Eppure, inchiodati davanti allo schermo in albergo, neanche potevo troppo interrogarmi sulla verità. Perché un compagno di scuola qua e là avvisava: l'assassino è la madre dell'ubriaco.
E ci ribellavamo, scoppiavamo a ridere, tremavamo senza farci notare. Poi, alla fine, in modo terribilmente sintetico, aveva ragione lui. Ma te ne convincevi solo all'ultimo momento, quando l'attrice musa di un'epoca lontana rivelava tutta la propria feroce determinazione.
Prima, c'era solo da tremare. E anche più tardi, quando mi trovai nella stanza condivisa con una compagna che però aveva preferito la discoteca.
Ho visto tante volte "Profondo rosso", ammirato la curiosità elegante indossata da Hemmings e la dedizione ribelle di Daria Nicolodi. Eppure, ogni volta, sentivo quella frase.
- L'assassino è la madre dell'ubriaco.
Fosse stata quella la certezza, mormorata da un adolescente più avanti degli altri.
Invece c'è di più, o di peggio: che l'orrore è conficcato in noi e non si lascia fermare, se non quando sei solo ad affrontarlo.
Notte e quello che è chiaro di Profondo rosso (non è l'assassino)
super.... e chi se lo scorda? pur continuando a ripetere a tutti che "l'assassino era la madre dell'ubriaco", avevo una tale fifa! forse lo facevo in maniera terapeutica, per farmi passare tutta la paura, temendo poi, alla fine del film, che l'assassino non fosse proprio la madre dell'ubriaco! Ma l'avevo menata così tanto! (poi io ero in stanza da solo, figurati! avevo paura anche delle gocce d'acqua che cadevano ad una ad una nel rubinetto in stanza con me!) un abbraccio.
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