In questo periodo si susseguono inesorabilmente le notizie su persone che rifiutano le cure tradizionali e si affidano a quelle alternative: così viene fotografato il fenomeno. Improvvisamente, un episodio tira l'altro e già questo mi insospettisce un po'.
Ma come spesso accade di recente, è il commentificio che mi spaventa davvero, a morte. Subito piovono i giudizi implacabili sulle malattie (degli altri), le scelte (degli altri) e l'irresponsabilità (degli altri). Compassione, poco pervenuta.
Il peggio è avvenuto con l'ultima triste storia letta. Triste, perché se n'è andata una donna, con il peso della sua malattia e del suo dolore condiviso dalla famiglia. I titoli sono sintetici, i pezzi per lo più dettagliati. Persino i servizi televisivi dipingono un passaggio fondamentale all'inizio.
Vale a dire: lei ha provato sì a curarsi con le terapie tradizionali, il male è cresciuto ugualmente e la donna ha provato allora con altre cure, prima di tornare ai medici.
Pochi, pochissimi l'hanno letto, sentito. E subito si sono lanciati a bollare: quella che ha rifiutato le cure e si è affidata ai ciarlatani.
Quello che non leggiamo (o non vogliamo leggere), a volte ci condanna a giudizi sbagliati e dolorosi. A volte, anche a essere dei ciarlatani della verità.
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