Ciao magone di inizio autunno. Sistemo delle carte e spunta fuori il programma del Forum Ambrosetti.
Moderatore, Shimon Peres. Innovazione, giovani, futuro, speranza. Fossero parole, non ci farei troppo caso, nemmeno ora.
Ma rivedo Peres mentre esce in veranda a Villa d'Este, pranza e dialoga proprio con loro, con i giovani. Io vorrei chiedergli una sigla (mi vergogno a chiamarlo autografo), un cenno garbato della sua presenza sul libro della amica israeliana innamorata della pace. Veramente eh, non come quelli che pontificano dalla calma delle mie valli.
Invece, lo scordo a casa. E mica posso chiedergli di firmare un foglio qualsiasi. La mia collega si rammarica di questa dimenticanza e anch'io per un po'.
Ma forse sono contenta. Perché bisogna abbracciare l'intangibile per rendersi conto dell'importanza di qualcuno, a volte.
Perché Peres è racchiuso in quella parola neutrale, in un dibattito.
Perché i due leader, israeliano e palestinese, si sono stretti la mano al suo funerale. E saranno tutte finzioni, ma io sono così pazza da credere che qualcosa possa cambiare.
Non si dice pazza. Si scrive ottimismo, anche quando fa un male cane.
Quello che resta non è una firma frettolosa, al cospetto di un lago da lui amato, ma la sua presenza più vera.
Shimon Peres, moderator.
Notte e quello che resta.
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