Leggendo “piogge abbondantissime” sul bollettino meteo, sono scivolata fuori ancora più volentieri. L’aria però era silenziosa, un velo di umidità ad attutirne i suoni.
Sto cercando di intuirne il profumo, ma sfreccia un’auto urlante. Resta una scia che copre ogni respiro.
A me dice altro, ancora. Mi spiega perché si agita un disagio a ogni fremito di agenda. Come un richiamo di ciò che era (insopportabile), quello che dopo il virus non doveva entrare mai più.
Quello che non deve entrare mai più: dice il richiamo nell’aria che riaccoglie la pioggia.
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