Se poso lo sguardo per terra e colgo ad esempio le mascherine abbandonate per terra, il disfattismo mi tenta: cambiati, a chi.
Poi cammino al cimitero. Una signora con qualche anno e maggiore determinazione, sta lottando con una scala per arrivare fino in alto a cambiare i fiori davanti a una lapide. Rallento, perché vedo la fatica e il pericolo. Lei però assicura: ce la farò.
Poco più avanti, una scena analoga. Questa volta è un uomo che si ferma: ha bisogno? La scala è traballante, la donna ha gli occhi lucidi e anche lei tranquillizza. Lui, in ogni caso, preferisce rallentare e il suo sguardo vaga tra le due tenaci arrampicatrici.
Raggiungo la mia meta e vedo una ragnatela, mi perdonerà il progettista che dev’essere andato a spasso, ma devo pulire. Soltanto che ho bisogno della scala, una scala traballante, e memore degli anni di cronaca neanche a me piace salire se sono sola.
Sento un rumore e vedo un operaio, che viene a ritirare i rifiuti. Io credo che dia uno sguardo oppure lo voglio credere, non ha importanza. La scala della vita è salda, se non ti senti sola.
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