Il mio primo gatto sfiorato fu Tigre: in omaggio al pelo, ma chissà se il nonno pensava anche alla Pro Patria, visto che ne andava matto. Poi c'era Pomodoro, il re del cortile di zia Angelica. Immenso e rosso, mi permetteva di accarezzarlo dopo vari sguardi sospetti.
Ci sono due schieramenti, e raramente si trova un mondo bipartisan: pro cane e pro gatto. Io, essendo un'insicura, lo ammetto, preferisco il cane, più accondiscendente verso l'uomo. Ma nutro una sana ammirazione per i gatti. In montagna ho conosciuti quelli selvatici, all'inizio adorabili e poi sdegnati cronici; forse mi hanno aiutata loro ad apprezzare e temere nello stesso tempo la loro indipendenza.
Una volta, la contadina aveva due gattini malati, neri e bianchi. Siccome aveva poco tempo per curarsene e uno se ne stava andando, li portai su con me. Ma era tardi e il più tremolante morì ugualmente: l'avevo chiamato Nuvola e piansi molto, anche se non era il mio micetto. Continuai ad andare a trovare il fratellino, che adorava soprattutto le sottilette Tigre (non è cannibalismo, dai) che gli portavo di nascosto da papà. Un gatto però non si può comprare: una volta cresciuto, mi dava solenni artigliate e le sottilette, veniva a prendersele dopo.
Possiamo discutere, persino litigare per ore: i due partiti non si incontreranno mai. Contemplo con affetto le persone che riescono ad amare contemporaneamente cane e gatto: sono un universo raro. Io spero un giorno di raggiungerle e di avere ancora, oltre a un adorabile cagnolone, un fiero gatto.
Ho anche già i nomi pronti. Tigre, se deciderà la mia parte di sangue materno, Nocciolo se vince quello paterno.
Buona giornata, mici del mondo.
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