Pensavo avesse altro da fare, prede da cercare, i fattacci suoi (gattacci) di cui occuparsi. Ero rassegnata a non rientrare nelle sue priorità, rispettando la sua libertà.
Poi sto facendo le manovre per andarmene e mi sembra di intravedere un groviglio di macchie nel giardino accanto. Ho spalancato la portiera, come una bambina, e lei è saltata fuori.
La non mia gatta. Si è buttata tra le mie gambe, quindi per terra, baci e abbracci; il pancino in aria più a emulare un cane. Una manciata di coccole prima di separarci.
Quando sono dovuta risalire in auto, con il magone, lei mi ha guardata per nulla perplessa. E ha cominciato a leccarsi con perizia, macchia in movimento mentre mi allontanavo.
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