giovedì 1 settembre 2016

Due o tre cose sul fertility day (e chi è peggio)

Anch'io ho sofferto e mi sono indignata per il fertility day. Per la mancanza di sensibilità che vi ho trovato, come una coltellata. Poi ho respirato, profondamente. E ho ricordato tutte le coltellate prima e quelle che ancora verranno.

A 29 anni mi sono trovata così, squarciata eppure con una speranza. Mentre ritrovavo le forze, vedevo gente, diciamolo donne, che si recavano pietose in ospedale a trovarmi. E intanto spargevano bugie su di me e sul mio ventre, come se quello mi rappresentasse in toto. Be' forse loro. Qualche anno dopo, il bis. E ho trovato un conoscente, un fiorista, che veniva a portarmi stupito un mazzo di fiori. Dicendo: ah, pensavo, fosse una nascita, invece che cos'è, un aborto?

No stupidello. Forse il tuo cervello. Sono malata, ma passerà o spero.

Tanti esseri umani, poveri come non potevano apparire, mi hanno seguito negli anni. Anche quando  sembravano aiutarmi ed essere al mio fianco: tra di loro è spuntato chi poi mi ha preso in giro, l'ultima e suprema derisione.

Sì, perché il fertility day non è niente. Dietro ci sono le persone che commentano, alle tue spalle e non solo. Forse perché hanno creduto di dare la vita e pensavano di poter sputare sugli altri, come se fosse una questione di medaglie.

No. E' qualcosa di più. E' qualcosa che va oltre.

Sono diventata più forte. Ma non grazie a queste persone. Grazie a me stessa, a chi mi ama, ai miei amici autentici e agli angeli.

E oggi sono felice. Non solo perché non ho  messo al mondo webeti (termine che non mi piace neppure, visto che presuppone che qualcuno si ritenga migliore degli altri al punto da insultarli).

E' perché sono piena di amore e ho figli amati. Non importa se non sono sui documenti ufficiali  o non li esibisco come medaglie tra cinguettii. Importa che siano nel mio cuore, fragile ma fertile. Senza orologi che segnano il tempo.

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