Non sono capace di scrivere una recensione, tanto più quando di mezzo c'è lei, Annina. Se chiudo gli occhi, mi sento piacevolmente travolta dal suo fiume di parole attraverso le pagine. Me le ero riversate addosso, in maniera meno incisiva e sapiente, tanti anni fa. Quando avevo paura dell'ombra di un ago: oggi preferisco le punture alle pastiglie, guarda un po'. Quando mi faceva paura in anticipo l'odore degli ospedali. Finché. Finché ci vieni sbattuta dentro, all'improvviso naturalmente, e neanche lo senti più.
Ma io oggi non voglio scrivere di questo, risentirlo dentro e sulla pelle.
Non voglio. continuo a ripeterlo. Leggo le parole di Anna e penso all'altro termine che affiora poco dopo. Volare.
Non voglio.
Ma volo. Oh sì che volo. Di più. Vivere. Queste v che sprigionano la vita, mi piacciono. Io scelgo Anna, le sue paure, la sua voglia di vivere, la sua capacità di raccontarlo in maniera unica, la sua corrente di pensiero irresistibile come quella di Molly in Joyce.
Ieri sera a Cantù, nello scrigno delizioso di Libooks, con Manuela e Carla, Anna elegante e fiammante mi ha fatto sorridere di gioia e pensare a quando volevo chiamarmi Anna. Sì, quando ero bambina e adoravo Umberto Tozzi. Lui scrisse una canzone dedicata a una donna con quel nome.
Se mi chiamassi Anna, non Marilena, accidenti. Gloria, più tardi, era anche troppo impegnativa.
Ma oggi scopro che impegnativo è anche Anna. Io scelgo Anna, perché sa guardare nelle persone e amarle ugualmente. Perché sceglie e basta.
Buone ragioni per restare in vita, Anna Savini, Mondadori.
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