Le terre di don Giacomo, patrimonio dell'umanità. Questo pensiero mi ha accompagnata per l'intera giornata, mettendo la testa nella porta delle incombenze e sorridendomi con un profumo o un'ombra di colore.
Il primo vino,nella casa fresca, e io con il bicchiere da adulta, o così credevo. Don Cauda e il sorriso con cui ci accoglieva, lo stesso con cui abbracciava la natura e i suoi doni, per restituirli poi alla creature.
Quanto ho imparato, da quei momenti e da quelli trasmessi poi da mio padre. L'importanza di una bottiglia, non per fare i fighi, ma per vivere e celebrare la vita. Il nutrimento del corpo e dell'anima prima di tutto.
Natura. Cultura. Lavoro. Su quelle terre ho camminato, respirato, gioito, anche preso delusioni, perché sono terre specchio di vita e incontri pure chi si approfitta, chi non ti prende sul serio o ti sembra chissà che si metta in testa.
Rispetto. Ciò che mi ha insegnato don Giacomo, con la sua storia umile e coraggiosa. Mio padre, innamorato del Piemonte, e io l'ho seguito, perché ho fame di vita. Non stritolati in un magma grigio, ma spalancati a caccia di cielo, che poi ti stordisce tanto è infinito.
Notte di vigna, notte di vita.
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