Colpa di Raistoria, che me l'ha riproposta accanto al piglio di un'altra superdonna. Mi sono rivista in un baleno a New York. Era il 2002, e si profilava una sola certezza: controlli estenuanti all'aeroporto nell'era del post 11 settembre. E documenti passati ai raggi X peggio della tua - allora - esile figura, e via le scarpe, e che stress. Ma tutto si sopporta, anche per la sicurezza.
Sto arrivando alla tappa finale di questo interminabile percorso con rassegnazione, quando l'ultimo addetto mi controlla - di nuovo - il passaporto. Me lo restituisce e mi sto già allontanando, quando emette un suono a metà tra il ruggito e il gemito. Subito mi giro, con aria profondamente colpevole: che regola avrò violato in questo mondo sempre più difficile? Lui ripete, ora quasi sognante: "Lualdi? Antonella?". Mi osserva speranzoso.
Spero che fosse un'indagine sulla parentela, perché lei è bella, bellissima, ma ha due o tre anni più di me. Al momento scuoto la testa e lui mi lascia andare con un sospiro deluso.
Poi ci penso: Dio mio, ma negli Stati Uniti del Duemila conoscono Antonella Lualdi. Erano anni che non mi chiedevano se fossi parente, in Italia.
Ci ho ripensato oggi. Vedendola bella, bellissima, accanto ad Ave Ninchi, mentre cucinavano. Coppia improbabile? Ma deliziose, entrambe. Un bianco e nero che traboccava di colore, di gioia di vivere.
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