lunedì 16 gennaio 2012

Noi sempre più alla deriva

Qual è stato l'impatto con l'emergenza? Un povero cristo di soccorritore al Giglio si accinge a rispondere e a ricostruire come ci si è comportati, ma la giornalista lo incalza: no, emotivamente intendevo.

Emotivamente?!  Domandone. E intanto scorre l'altro film: lla condanna del comandante.

Alla deriva, o arenata, o come volete voi: non c'è solo una nave, con il suo carico di tragedia. Ci siamo noi, ancora una volta. E tremo a mettere quel "noi", perché anno dopo anno mi chiedo se io mi senta davvero una giornalista. Grazie a Dio, la cronaca nera e giudiziaria è ormai alle spalle. Ma non posso fingere che altri la scrivano e io non debba fare scelte, magari incalzare se non "portano a casa" l'intervista o il particolare in più.

Quindi, mi sento alla deriva anch'io. C'è un confine morboso che si sposta sempre di più, e francamente io non riesco a stargli dietro. Combatto per togliere il nome ai minori (e quante volte in giro vedo sparati anche nomi e cognomi), ricordo a chi scrive che la condanna verrà solo con i giudici, terzo grado. Eppure quanti confezionano già verdetti alla denuncia, o si mettono a fare i fighi con commenti al primo interrogatorio del malcapitato. Interrogatorio a cui - ovviamente - non assistiamo. Eppure uno si sente un cronista d'assalto, perché sputtana l'accusato, già condannato.

Non mi piace più, da un pezzo. E di cavolate, ne ho collezionate parecchie.

Quella che mi ha inflitto una lezione più forte, non è venuta da una grana, bensì da una semplice lettera. Era un episodio di botte a un genitore, tanti anni fa, probabilmente all'origine la droga e la fame di soldi. Io abbracciai con entusiasmo giovanile la fonte ufficiale (che stimavo, e molto) che bollava la disumanità di un figlio verso il padre. Ora, a prescindere dal fatto che quando i genitori poi meditano, spesso ritirano la denuncia, e quindi pattinavo su un ghiaccio sottile... non era questo.

Mi arrivò dal carcere la lettera del presunto picchiatore selvaggio. Righe vergate con rabbia, forse con disperazione. Si potrebbero riassumere in una domanda: ma chi sei tu? chi sei tu per sapere? per giudicare? per raccontare? per metterci alla berlina?

Mi è servito - spero - più di una querela. Può darsi che io abbia scritto il vero o il falso, non lo so. Questo è il punto: non lo so, e non lo sappiamo mai davvero.

Chi ero io, chi siamo noi per partire carichi di sicumera? E quando finirà la nostra deriva, se non ci fermiamo mai a riflettere?

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