Sembra l'antitesi della deliziosa e speranzosa canzone del Rocky Horror (ribadirò fino alla noia: uno dei testi più avvincenti di filosofia moderni), quella che cinguettava: there's a light... Sì, insomma, in teoria c'è sempre una luce nella strada più buia e ce ne rallegriamo tutti.
Eppure io ho un debole per una strada, a pochi passi da casa mia, che sfoggia un potere misterioso e forse perverso: quasi sempre lì c'è nebbia. A volte mi infilo apposta, manco vivessi nella nostalgia da scighea o come si scrive, i maestri del dialetto mi perdonino, poi controllerò.
La nebbia è creatura sfuggente, rispetto al passato: anche lei si è rotta un po' le scatole, accade. La magia in quella strada è che spesso un batuffolone grigio appare e si sofferma a guardare tutti con l'aria dispettosa di un bambino. Non è una via di brughiera, al limite ha un ultimo scampolo di campagna tra case e palazzoni. Devo dire che quel terreno mi sospinge già indietro di per sé, perché mi riporta a una mitica visita al circo da bambina: mi guidò il nonno, in arrivo dalla Valle, e mi teneva stretta la manina mentre varcavamo la soglia del tendone. Il cuore batteva forte, per lo spettacolo, e perché ero con lui.
Il nonno se n'è andato, il circo ha scelto altri lidi. Eppure è rimasta lei, la nebbia. Certe notti in cui tutto è così limpido che più limpido non si può e si sopporta, percorro apposta quella strada, nella speranza di ritrovarla e di ritrovarmi.
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